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martedì 11 maggio 2010
22:01 |
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Dal sito della CGIL di Modena:
La recente delibera sui pubblici esercizi a Carpi è per la Filcams/Cgil un’occasione persa per affrontare concretamente il vero grande problema di questo settore.
La priorità non erano infatti i menù multilingue, o l’obbligo per l’esercente di prevedere un concertino annuale a proprio carico. L’assoluta priorità per il Comune di Carpi doveva essere quella di mettere in atto iniziative concrete, per quanto di competenza, volte a contrastare l’immensa quantità di lavoro nero ed irregolare in bar e ristoranti. Si tratta di un fenomeno certamente non solo carpigiano, ma che a Carpi ha una virulenza superiore ad altre aree del territorio provinciale.
Quale il ruolo di un’amministrazione locale nel contrasto al lavoro nero nei pubblici esercizi? Quello, ad esempio, di affidare alla Polizia Municipale un ruolo di controllo in questo senso, anche considerato che sovente al lavoro nero si aggiungono problemi di legalità tout court.
Quello, ad esempio, di prevedere l’obbligo di un cartellino di riconoscimento (nel rispetto della privacy) per chi opera in un bar. Sicuramente quello di cercare collaborazioni con gli Enti preposti ai controlli, (Guardia di Finanza, Ispettorato del Lavoro, Inps e Inail) per intrecciare i dati ed esprimere una maggior efficienza.
Oggi è possibile per l’amministrazione locale sospendere una licenza a fronte di schiamazzi al di fuori del locale, o multare l’esercente se un tavolino è al di fuori degli spazi previsti. Nulla accade, per il Comune, se all’interno di un pubblico esercizio vi sono lavoratori irregolarmente occupati, privi di formazione e conoscenze, in aree dove si maneggiano e si producono cibi e bevande.
La nostra proposta più importante era quella di prevedere la sospensione della licenza a chi fa utilizzo di lavoro irregolare, sino al ritiro, da parte del Comune, nei casi più gravi.
Purtroppo l’Assessore Morelli non ha tenuto in considerazione le nostre proposte, costruendo una delibera che risponde in modo perfetto alle diverse esigenze poste dalle Associazioni datoriali.
Nelle nostre proposte non vi era alcuna volontà punitiva nei confronti di un settore che occupa centinaia di addetti a Carpi. Al contrario avremmo voluto che alle nostre richieste aderissero anche le Associazioni che rappresentano i titolari di bar e ristoranti che operano in modo regolare, e che soffrono oggi della sleale concorrenza di soggetti privi di scrupoli.
Avanziamo infine la richiesta, all’Assessore Morelli, di riaprire il tavolo di concertazione, per affrontare nel modo più concreto possibile il tema del contrasto al lavoro nero ed irregolare nei pubblici esercizi di Carpi.
Filcams/Cgil Carpi
La recente delibera sui pubblici esercizi a Carpi è per la Filcams/Cgil un’occasione persa per affrontare concretamente il vero grande problema di questo settore.
La priorità non erano infatti i menù multilingue, o l’obbligo per l’esercente di prevedere un concertino annuale a proprio carico. L’assoluta priorità per il Comune di Carpi doveva essere quella di mettere in atto iniziative concrete, per quanto di competenza, volte a contrastare l’immensa quantità di lavoro nero ed irregolare in bar e ristoranti. Si tratta di un fenomeno certamente non solo carpigiano, ma che a Carpi ha una virulenza superiore ad altre aree del territorio provinciale.
Quale il ruolo di un’amministrazione locale nel contrasto al lavoro nero nei pubblici esercizi? Quello, ad esempio, di affidare alla Polizia Municipale un ruolo di controllo in questo senso, anche considerato che sovente al lavoro nero si aggiungono problemi di legalità tout court.
Quello, ad esempio, di prevedere l’obbligo di un cartellino di riconoscimento (nel rispetto della privacy) per chi opera in un bar. Sicuramente quello di cercare collaborazioni con gli Enti preposti ai controlli, (Guardia di Finanza, Ispettorato del Lavoro, Inps e Inail) per intrecciare i dati ed esprimere una maggior efficienza.
Oggi è possibile per l’amministrazione locale sospendere una licenza a fronte di schiamazzi al di fuori del locale, o multare l’esercente se un tavolino è al di fuori degli spazi previsti. Nulla accade, per il Comune, se all’interno di un pubblico esercizio vi sono lavoratori irregolarmente occupati, privi di formazione e conoscenze, in aree dove si maneggiano e si producono cibi e bevande.
La nostra proposta più importante era quella di prevedere la sospensione della licenza a chi fa utilizzo di lavoro irregolare, sino al ritiro, da parte del Comune, nei casi più gravi.
Purtroppo l’Assessore Morelli non ha tenuto in considerazione le nostre proposte, costruendo una delibera che risponde in modo perfetto alle diverse esigenze poste dalle Associazioni datoriali.
Nelle nostre proposte non vi era alcuna volontà punitiva nei confronti di un settore che occupa centinaia di addetti a Carpi. Al contrario avremmo voluto che alle nostre richieste aderissero anche le Associazioni che rappresentano i titolari di bar e ristoranti che operano in modo regolare, e che soffrono oggi della sleale concorrenza di soggetti privi di scrupoli.
Avanziamo infine la richiesta, all’Assessore Morelli, di riaprire il tavolo di concertazione, per affrontare nel modo più concreto possibile il tema del contrasto al lavoro nero ed irregolare nei pubblici esercizi di Carpi.
Filcams/Cgil Carpi
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4 commenti:
è davvero un'occasione persa, ancora una volta l'Amministrazione non interpella chi LAVORA ed è quotidianamente a contatto con questa realtà..ed è ridicolo che sia proprio il sindacato di sinistra a fare questo comunicato ad una giunta di centro-sinistra. ma vi parlate tra di voi ???
1_Se tutti i lavoratori in nero nei bar e ristoranti venissero regolarizzati, più della metà chiude (ma io direi quasi tutti);
2_nei bar non è raro che sia il dipendente stesso a chiedere di non essere assunto in regola, perchè magari fa già un altro lavoro in regola da un'altra parte, oppure più semplicemente perchè preferisce il contante subito ecc...;
3_giusto contrastare il lavoro nero nei pubblici esercizi, ma bisogna al contempo pensare a strumenti per permetter loro di stare sul mercato, e molto si può fare per snellire la burocrazia.
Non entro nel merito della questione, ma mi preme riprendere un’affermazione che rivela in che situazione ci troviamo. Il sig. Losi scrive “nei bar non è raro che sia il dipendente stesso a chiedere di non essere assunto in regola, perchè magari … preferisce il contante subito ecc...”. Il punto è proprio questo (e non mi riferisco agli esercizi commerciali, ma ad una questione generale): certamente vi sono lavoratori che devono ‘accettare’ (più che chiedere) di lavorare in nero, ma ciò perché viviamo in una società che costringe ceti sociali a doversi sottomettere al ricatto di un mercato del lavoro privo di tutele e che persegue puramente una logica di profitto. Sia chiaro, non penso che i ricattatori siano baristi, piccoli imprenditori o altre categorie datoriali (che da queste parti non sono certamente grandi accumulatori di capitali) e non si può ridurre tutto a una sorta di conflitto di classe inesistente in una società frastagliata come quella di oggi, ma se noi non ribaltiamo l’assunto che prima di tutto si deve perseguire il profitto e solo in ultima istanza - il chè significa spesso mai - si può pensare alla legalità e alle garanzie sociali, non ne usciamo. Serve un alleanza tra produttori di lavoro, di profitto e di diritti che, nell’alveo di un quadro di regole che persegue il profitto sociale e non solo economico della comunità, si ponga l’obiettivo di una crescita economica e anche sociale. Siamo abituati in queste zone a intendere per sviluppo un processo che coniuga crescita economica, sociale e dei diritti. In un momento di crisi come questo è difficile combattere una battaglia che punta alla coesione e agli interessi collettivi. È più facile parlare alla pancia delle persone, cavalcando paure e inquietudini, ammiccando ai loro singoli (e legittimi) interessi. Ma se non ci sforziamo di pensare ad una società invece che a tanti individui con i loro legittimi interessi non credo che avremo un futuro.
Anna Sovi Giurati
Il regolamento è stato concertato negli ultimi sei mesi con tutte le associaioni e sindacati. Sei mesi, non dieci giorni.
Poi, in Consiglio comunale nelle fila del Pd ci sono almeno due sindacalisti di professione, la Cocozza e Zironi.
Quindi si saranno parlati, col sindacato.
E non è un caso se in questi giorni è stata annunciata la candidatura di una sindacalista proprio della Cgil a assessore.
Questo commento del sindacato è solo un po' di fumo negli occhi dei lavoratori associati e associabili, mentre quando è ora di votare il sindacato guarda al quieto vivere come tutti.
Amerigo
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