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lunedì 13 settembre 2010
14:30 |
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Mentre prende il via un nuovo anno scolastico mi interrogo sulle proteste e le recenti polemiche che hanno riguardato anche le scuole carpigiane, e sui disagi e le difficoltà che famiglie, insegnanti e studenti si troveranno a vivere nuovamente quest'anno, e per certi versi in modo molto più accentuato. Ho già scritto in precedenza per quale ragione credo che trascurare (ma sarebbe meglio dire taglieggiare) la scuola, come fa l'attuale governo, sia un segnale di miopia politica e non faccia il bene del Paese, e ho espresso tutta la mia solidarietà - per quello che vale - a un ceto di professionisti che oggi sono i meno pagati e i meno valorizzati nel panorama europeo, pur rappresentando l'ultimo baluardo a difesa di una società che rischia di scivolare sempre più verso il qualunquismo acritico, l'anomia e la frammentazione sociale e culturale. L'ultimo baluardo, ma non l'unico, perché penso che famiglia, corpi intermedi, associazionismo e sistema politico debbano svolgere un ruolo di sostegno alla crescita educativa dei nostri ragazzi altrettanto incisivo. Troppo spesso vengono scaricate sul sistema scolastico responsabilità che non dovrebbe avere. Le proteste dei docenti del Meucci e delle altre scuole carpigiane si collocano in questo quadro, caratterizzato da pesanti tagli al sistema educativo e scolastico, mentre nel resto dell'Occidente evoluto si investe nell'istruzione, nella ricerca e nell'università nonostante la crisi (anzi, soprattutto perché c'è la crisi e si deve riagganciare la ripresa). Premetto che non condivido tutte le modalità con cui sono state manifestate queste posizioni, anche da parte di alcuni, non tutti, i docenti: chiamare la polizia perché si ritiene leso il diritto a presentare un documento in collegio docenti mi pare un tantino esagerato. La scuola non ha bisogno di aguzzini, ma nemmeno di martiri e di buon senso da parte di tutti. Ma non condivido nemmeno la critica di qualche consigliere comunale e provinciale alla legittima protesta dei docenti. L'adozione ritardata dei libri di testo nelle classi prime può essere discutibile o meno (ed anche a me è parsa una decisione che rischia di mettere in difficoltà soprattutto le famiglie), ma è pur sempre una scelta legittima ed è il prodotto del pasticcio legislativo della Gelmini e del ritardo con cui sono state pubblicate in Gazzetta ufficiale le indicazioni ministeriali. E nemmeno mi pare condivisibile la tesi, sostenuta da un consigliere comunale al quale tutti riconoscono equilibrio e saggezza, che chi non condivide le riforme del Ministro dovrebbe cambiare lavoro come qualsiasi dipendente che non condivida la mission della propria impresa. "Fare l'insegnante non è un obbligo", sostiene il capogruppo del Pdl. È vero, non è un obbligo, per molti insegnanti è una vocazione. Se la mortifichiamo continuamente, rischiamo di trovarci senza chierici e con una chiesa vuota.
Anna Sovi Giurati
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5 commenti:
...mi permetto di aggiungere alcune riflessioni a quello che Lei con molto equilibrio sostiene nel suo scritto. Eludendo per un attimo il problema specifico dell'istruzione, intesa come luogo fisico dove s'istruisce, e però evitando di scivolare a piè pari su piani astratti e filosofici, credo vivamente e lo credo con rammarico, che i corpi intermedi o l'associazionismo o addirittura le famiglie non abbiano più il tempo d'intervenire concretamente come supporto all'istruzione delle nuove generazioni per varie ragioni. Le quali ragioni sono il tempo che alle famiglie viene a mancare a causa d'impegni e che noi tutti possiamo immaginare, ( lavoro ecc..) e perchè alcune di questi corpi intermedi intervengono solo e semplicemente nel momento in cui riescono a intercettare la volontà del singolo di farvi parte. Quindi la scuola nei suoi travagli tanto da risultare inefficiente e arruffona, non sempre riesce a formare quei singoli individui pronti ad essere toccati dall'ausilio didattico delle famiglie o da quelle associazioni e corpi intermedi che lei nomina a supporto. Poichè il lavoro specifico della scuola, struttura portante per ogni individuo, quando viene a mancare, non realizza pienamente coscienze mature, ma per l'appunto acerbe, e inadatte ad assorbire un benchè minimo insegnamento o stimolo da alcunchè. Eccetto quello pervasivo che arriva dai media, il quale crea distacco, assenza e superficialità, in chi non ancora formato, deve crescere con altri criteri. E allora ? E allora l'istruzione, e questo dovremmo mettercelo in testa un po' tutti, non nasce solo ed esclusivamente in un luogo fisico circoscritto, la scuola, che per altro come si dice è alla berlina, ma nasce in un contesto più ampio, un conteso ambientale. L'ambiente costruito secondo criteri di ricoscibilità di rispetto e di armonia per l'uomo, dove l'uomo, e in questo caso le nuove generazioni , vengono sedotte e istruite attraverso quell'ordine magico di forme e sensibilità preservate, che lo stesso uomo illuminato che li ha preceduti, ha conservato o armonizzato con l'ambiente, divengono quel supporto didattico, silenziosa istruzione, che fa di ogni essere umano, una coscienza attiva per il proprio e l'altrui futuro. Un insegnamento che parte dall'esterno, ancor prima che dall'interno di un edificio adibito a scuola, e che determina responsabili dell'educazione, non solo ed esclusivamente coloro che per ruolo e nomina vi lavorano, ma richiama severamente ognuno di noi ad una migliore partecipazione all'interno della società civile , in ciò che fa. Chans il giardiniere
APPELLO per L'EDUCAZIONE: (del 2007...)
Riaprono le scuole, inizia un nuovo anno.
Di fronte a qualcosa che ricomincia possiamo scegliere tra l’ aspettarci una novità oppure il dire “ci risiamo” e augurarci che ci vada bene o che finisca in fretta.
E se guardiamo all’ anno scorso certamente non possiamo illuderci che in ambito scolastico e giovanile tutto sia a posto. E’ sotto gli occhi di tutti che il nostro Cantone è sempre più spesso teatro di episodi di violenza che vedono implicati dei giovani.
Ed è evidente a tutti che non si tratta di episodi sporadici, ma di un male ormai cronico, segno anche di un disagio diffuso e profondo.
Questa situazione genera rabbia e paura. Ci si chiede cosa fare di fronte a una tale emergenza. E la scuola è una delle realtà più sollecitate a prendersi delle responsabilità.
Ma la radice di questo disagio è educativa ed interroga tutta la società, interroga ognuno di noi, poiché la noia, i timori e la diffidenza dei più giovani sono la noia, i timori e la diffidenza degli adulti che non sono più in grado di riconoscere e trasmettere il gusto e il significato della vita. Rischia così di crescere una generazione di ragazzi che si sentono orfani, senza padri e senza maestri, costretti a camminare come sulle sabbie mobili, bloccati di fronte alla vita, annoiati e a volte violenti comunque in balia delle mode e della mentalità dominante.
Per questo la prima emergenza che il nostro paese si trova a dover affrontare è quella educativa.
Far fronte a tale emergenza, allora, vuol dire prima di tutto che degli adulti riprendano quel cammino umano che tutti siamo chiamati a compiere, scoprendo il significato di sé e delle cose che ci circondano in un confronto con il patrimonio ereditato dalla nostra tradizione culturale. Ed è ciò che consente tra l’altro di stare di fronte a culture diverse senza complessi e senza inutili paure.
C’è bisogno di adulti, insomma, che siano consapevoli di essere nel mondo e nella società per un compito, per una costruzione positiva, e che – loro per primi – non facciano ultimamente coincidere la riuscita nella vita col successo, i soldi e la carriera.
Solo di fronte ad adulti così, i giovani potranno crescere e imparare a stimare e ad amare se stessi e le cose, assumendo la loro responsabilità di uomini .
Insieme è possibile riappropriarsi del compito drammatico e affascinante di educare. Assumersi il “rischio” di educare, perché l’educazione comporta un rischio ed è sempre un rapporto tra due libertà.
Ed è possibile incominciare di nuovo: salutare i propri figli al mattino come entrare in classe incontrando gli allievi senza scetticismo o cinismo.
Si potranno allora individuare anche le soluzioni per rispondere alle situazioni specifiche.
Non è solo una questione di scuola o di addetti ai lavori: lanciamo un appello a tutti, a chiunque abbia a cuore il bene dei nostri giovani e del nostro paese.
Ne va del nostro futuro.
__________________________________________
Davide Boldrin
Un genitore.
Ho provato a postare un Appello per l'Educazione, risalente al 2007. Ma tuttora attuale. Tanto che in alcuni ambiti educativi, viene riproposto (ma non me lo prende..). Condivisibile ciò che scrive Anna Sovi Giurati. Bisogna fare i conti con la realtà. Quella che piace, e che non piace. E la scuola, è posto di insegnamento, non di politica. Questa si fà fuori(dalla scuola). La realtà dice anche che a scuola si và per insegnare, e imparare. Non per far politica. Legittime le proteste degli insegnanti. Bisognerà comunque prendere coscienza, che la scuola non può andare avanti così. Io come genitore, insegno alle mie figlie a fare i conti con la realtà quotidiana. Come faccio io, del resto. Le utopie non servono. Servono IDEALI. Non IDEOLOGIE.
Davide Boldrin
@Davide
Era finito nello spam ... Ora l'ho recuperato.
Non ho ancora capito come funziona questo filtro automatico. Se inserite un post e non lo vedete scrivetemi una mail.
Amici, siate sintetici. Grazie.
Davide Cattini
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