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martedì 7 settembre 2010
Circa dodici anni fa ho vissuto un paio di mesi a Firenze. Passavo molto del mio tempo libero in un posto meraviglioso che oggi non c'è più. Era la libreria Cima in Borgo degli Albizi. Era una libreria dove ci si poteva sedere. Ci si sedeva per sfogliare i libri, per leggerne alcune pagine prima di decidere se comprarli o no. Ci si sedeva perchè c'erano già dei computer per navigare in internet. Ci si sedeva perchè la Cima non era solo una libreria ma anche una caffetteria e ti permettevano non solo di sfogliare i libri nuovi ma addirittura di farlo con un caffè o un bicchiere di vino in mano. Ci si sedeva, quando si riusciva ad entrare, perchè la libreria organizzava convegni, incontri o serate musicali. Ci si poteva sedere per ore, perchè la libreria era aperta fino all'una di notte.

Circa quattro anni fa ho letto del bando per una caffetteria da aprire all'interno della nuova biblioteca di Carpi e mi sono subito entusiasmato. All'inizio addirittura ho proposto a diversi amici di provare a partecipare al bando. Poi ho fatto solo il tifo per l'iniziativa. Ero convinto che stesse per succedere nella mia città quello che avevo amato a Firenze. Invece alla fine il sogno si è avverato solo a metà: ci sono sì una biblioteca ed una caffetteria vicine, ma non sembrano certo una cosa sola. Anzi qualcuno lamenta l'insufficienza della sottile membrana di vetro che le separa. Forse non era possibile ricreare l'alchimia della Cima in una biblioteca pubblica.

Meno di un mese fa ho assistito alla presentazione del nuovo libro di Antonella Agnoli, "Le piazze del sapere". Antonella Agnoli ha progettato e avviato la biblioteca San Giovanni di Pesaro, ha collaborato al restyling degli Idea Store di Londra e a numerosi progetti bibliotecari in Italia. È consulente di vari architetti e di molte amministrazioni locali per la progettazione degli spazi e dei servizi bibliotecari e per la formazione del personale.
Antonella ha parlato di come dovrebbe essere la biblioteca di una città moderna e una sua frase mi ha colpito in modo particolare richiamando alla mente il ricordo di quella libreria che non c'è più e di una biblioteca che non c'è ancora.
"Uno dei divieti che ci ostiniamo a imporre nelle biblioteche" diceva Antonella "è quello di poter mangiare e bere mentre si legge. Ora, a meno di non aver ricoperto il pavimento con una pregiata moquette, qual'è il problema se mentre leggo bevo un caffè o uin bicchiere di vino? O forse che quando prestiamo gli stessi libri e la gente li tiene a casa per un mese controlliamo che non li legga a tavola o anche in bagno?"

Noi abbiamo già una biblioteca ricchissima di opportunità. Abbiamo già la caffetteria all'interno.

Chissà se invece di aumentare lo spessore della membrana di vetro che le separa non sarebbe meglio aprire quella porta e permettere, almeno in quella saletta, alla gente che legge di farlo sorseggiando un tè e alla gente che beve uno spritz di farlo sfogliando una rivista?

Marco P.

2 commenti:

Weissbach ha detto...

Sei sempre il solito epicureo.
Un maestro di vita :-)

Anonimo ha detto...

Ho goduto di queste librerie nelle due estati passate nel nord dell' Inghilterra, Contea di Durham. La città è piccola ma è sede di Università, con tanti college. Ricordo una piccola libreria con il giardino interno, il pergolato, i muri ricoperti d'edera, pochi tavolini, una caffetteria essenziale, piacevole, con gustosissime torte e tazze di tè da Miss Marple. E mi sembrava , in quell'ambiente così rilassante, di imparare meglio l'inglese.
Chiara

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