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domenica 19 dicembre 2010
Mentre nella nostra città si discute di un presunto assalto a un gazebo del Pdl e si invoca l'uso del manganello, il mondo della scuola e dell'università si è mobilitato contro i provvedimenti del Governo. Stiamo attraversando una crisi economica devastante e che ha ricadute pesantissime, sia sul piano sociale che economico, e per riagganciare la tanto attesa ripresa una classe politica all'altezza dovrebbe investire sul sapere, ma il Governo ha tagliato pesantemente in questi anni proprio in tali settori. Naturalmente il problema dell'Università è di carattere più generale e le sue origini risalgono molto addietro, perché l'Italia non investe da tempo in scuola, ricerca, sapere e cultura, benché i beni immateriali del sapere e della conoscenza costituiscano oggi le principali leve dello sviluppo economico e sociale. L'Unione europea per questa ragione varò la Strategia di Lisbona nel 2000: un piano di azione per realizzare nella UE entro il 2010 l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in modo da produrre una crescita economica sostenibile, promuovere occupazione e coesione sociale. Purtroppo questi obiettivi non sono stati raggiunti e non lo saranno certamente in questo scorcio di 2010, ma la colpa non è solo della crisi economica. L'Italia ha contribuito a questo fallimento. La media europea di investimenti nella ricerca pubblica di Pil è il 2%. I paesi scandinavi e il Giappone arrivano al 3%. Noi siamo il fanalino di coda con  l'1%. Abbiamo 3 ricercatori su 1000 occupati su una media europea di 6. Ma la classe politica non se ne preoccupa. Troppo impegnata nei festini selvaggi di Palazzo.

I provvedimenti del Governo su scuola e università sono miopi, ma per certi versi hanno rappresentato più l'occasione che la causa dell'esplosione di una ribellione che ha contorni generazionali, che non riguarda solo il nostro Paese e attraversa l'Europa da Atene a Parigi. Una minoranza violenta (da condannare esplicitamente) si è impossessata mediaticamente di queste proteste e ne ha oscurato le ragioni. Però se vogliamo capire cosa sta succedendo dobbiamo andare all'origine dei problemi. L'Osce ci ricorda come il nostro non sia un Paese per giovani. Siamo in penultima posizione tra i 33 paesi più industrializzati per l'occupazione giovanile: solo un giovane su 5 lavora. Tra loro quasi la metà a un lavoro precario e un quinto lavora part-time. Nell'ultimo biennio 4 posti di lavoro persi su 5 riguardano i giovani, in gran parte entrati nel mondo del lavoro con contratti precari e che adesso si trovano senza ammortizzatori. La Banca d'Italia paventa il rischio pensione per intere generazioni: molti lavoratori avranno una pensione che non sarà in grado di consentire nemmeno la sussistenza. A questi drammatici problemi il Governo ha saputo solo contrapporre le battute del Premier, che invita a sposare il figlio di un miliardario, e ha ridotto ad un problema di ordine pubblico la protesta. Le ragioni di tale protesta vanno cercate nella disperazione di un'intera generazione che ha meno diritti, meno chance e meno opportunità dei loro genitori e dei loro nonni, e che ha davanti a sé un orizzonte chiuso e asfittico. Si citano a sproposito paragoni col movimento del 1977. Spesso si ripete che il futuro non è più quello di una volta. Il problema vero è che il presente, a partire dalla politica, ha  lo sguardo rivolto al proprio ombelico e al passato.

Anna Sovi Giurati

38 commenti:

Maurizio ha detto...

non è un paese di giovani ma di debiti.
Il debito è di 1.867 miliardi di euro. Rispetto a ottobre 2009 è cresciuto di 63 miliardi di euro.
Il futuro non è dei giovani ma dei debiti, dell'insolvenza, del crac.

Davide Boldrin ha detto...

Ho sempre pensato che in certe epoche, sarei stato una di quelle persone stimate sia dai COMUNISTI, che dai FASCISTI ... di contro che sarei stato comunque detestato da entrambi. Sperando non succeda sul serio, dati i risvolti temporali attuali. Certo, i fatti dicono che non è un paese per giovani. Però non sarà di certo un PROGETTO POLITICO ( Di destra, centro leghista, comunista o qualsivoglia ...) che potrà alimentare la speranza. Ma la semplicità di cuore, che lavora e modella bene anche temperamenti come quelli del sottoscritto ...
Invito a leggere questo Link: www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-italia-la-speranza-sotto-la-cenere-167.htm.
Il titolo dell'articolo è: " Italia, la speranza sotto la cenere ". Diffidenti ?
Conosco una persona ( a me cara ) maestra in ciò in quel di Carpi. Un certo Don Ivo Silingardi ...Chissà cosa direbbe in merito ...

Davide Boldrin

Davide Boldrin ha detto...

P.S. Invito a leggere anche qui:
novigiudiforma.blogspot.com/2010/12/volantino-cl-le-forze-che-cambiano-la.html

Vorrei sottolineare l'aspetto fondamentale dei miei due commenti, in merito al Post sopra:
Non contesto i dati. Ma contesto tantissimo la modalità di approccio che si sta materializzando di questi tempi ( occupazioni scolastiche, manifestazione violente ecc. )
Riporto un pezzo del volantino di CL:
" Tutto questo ci mostra che la crisi è sì sociale, economica e politica, ma è soprattutto antropologica perché riguarda la concezione stessa della persona, della natura del suo desiderio, del suo rapporto con la realtà. Ci eravamo illusi che il desiderio si sarebbe mantenuto in vita da solo o addirittura che sarebbe stato più vivo nella nuova situazione di benessere raggiunto. L’esperienza ci mostra, invece, che il desiderio può appiattirsi se non trova un oggetto all’altezza delle sue esigenze. Ci ritroviamo così tutti «sazi e disperati». «Nell’appiattimento del desiderio ha origine lo smarrimento dei giovani e il cinismo degli adulti; e nella astenia generale l’alternativa qual è? Un volontarismo senza respiro e senza orizzonte, senza genialità e senza spazio, e un moralismo d’appoggio allo Stato come ultima fonte di consistenza per il flusso umano», come disse don Giussani ad Assago nel 1987. Venticinque anni dopo vediamo che entrambe queste risposte - volontarismo individualista e speranza statalista - non sono state in grado di darci la consistenza auspicata e ci troviamo ad affrontare la crisi più disarmati, più fragili che in passato. Paradossalmente, i nostri nonni e genitori erano umanamente meglio attrezzati per affrontare simili sfide. "

Davide Boldrin

Anonimo ha detto...

Devo dire che gli interventi della signora Anna Sovi Giurati sono sempre illuminanti, che la si pensi in un modo o nell'altro. Grazie.
Andrea

Anonimo ha detto...

Complimenti Sig.ra Anna Sovi Giurati per la Sua precisa e veritiera esposizione della triste situazione economica e politica in cui versa da tempo il nostro Paese. Condivido con Lei le preoccupazioni che ha esposto e sinceramente mi rattrista molto che abbiamo ancora questo governo, preoccupazioni sentite anche molto all'Estero, non ultime le affermazioni alla Pinochet del ministro Gasparri che ci ha inorridito ieri.

Ma mi permetta pero'di dissentire sul titolo del Suo intervento. a mio avviso saranno proprio loro, i giovani, i protagonisti veri di questa nuova stagione proprio per i motivi che Lei elencava, per le chances mancate e per l'intraprendenza che li rende ancora vivi, capaci e partecipi.

Continui a fare interventi di così alto spessore.

Con stima

Roberto Arletti

Alberto Imbeni ha detto...

Questo testo è pieno di generalizzazioni.
Non è una questione politica.
E' una questione di buon senso.
Il buon senso non è di casa in politica, sia essa di destra o di sinistra.
E' per questo che io non mi occupo di politica, così come non mi occupo di tutti i contesti nei quali si ritiene giusto "dividere" le persone a seconda delle proprie idee, del proprio credo, dei propri valori.
Non la polis, ma il pathos cambia la realtà.
Ama la realtà che costruisci e nemmeno la morte fermetà il tuo volo.

Anonimo ha detto...

E se la crisi del nostro territorio fosse proprio la conseguenza della troppa "voglia di scolarizzazione"? Una voglia che le vecchie generazioni, quelle cresciute sul lavoro, da decenni inculcano alle nuove generazioni. "Non andare a lavorare, fai l'università".

Va bene, studiamo tutti, capaci e non capaci, volenterosi e non volenterosi, senza capire cosa chieda il mercato, e poi? Poi si scopre che molti studiano per niente. Provate a fare a uno studente universitario qualche domanda di cultura generale, di storia, di attualità, qualche domanda sull'esame fatto il mese prima, l'anno prima. Alcuni sanno tutto, molti non sanno nulla.

Quelli che non sanno nulla, dovevano andare a lavorare. Ma i genitori li hanno mandati a scuola. Così facendo, si sono persi decenni di cultura del lavoro, nei settori della meccanica, della maglieria, sacrificandoli sull'altare della "scienza della comunicazione". Creando generazioni di laureati in discipline inutili al mercato.

E nel contempo quel mondo produttivo che richiede gente che lavori, non la trova. E allora serve l'immigrazione, che è una conseguenza della "voglia di scolarizzazione". Gli stranieri fanno i lavori che ai nostri giovani non piacciono, e i nostri giovani non lavorano. E si lamentano, forse perché davvero credevano che tutte le imprese del tessile si sarebbero riconvertite in "agenzie di comunicazione".

In questo panorama, invece di cercare le vere cause della crisi, i "sovisti" si riempiono la bocca di luoghi comuni. Raccontando realtà di comodo molto distanti dalla realtà di fatto.

Non è vero, per esempio, che in Italia non si fa ricerca. In Italia si fa molta ricerca, molto design, molti dei nostri prodotti sono all'avanguardia mondiale dal punto di vista tecnologico e stilistico, e siamo apprezzati in tutto il mondo per questo.

Semplicemente, le imprese sanno che la ricerca fatta nelle università non produce nulla, salvo pochissime eccezioni. Perché i fondi vengono mangiati dai baroni per garantire il posto ai parenti, e quando va bene le "scoperte" fatte sono vecchie di anni rispetto a quello che già c'è sul mercato. Quindi, a differenza di quanto accade in molti altri paesi, la ricerca viene fatta direttamente dalla imprese.

Un esempio locale di questa tesi? Il CampusDellaModa, snobbato dalle imprese. Soldi investiti in "cultura" o cacciati per niente?

Poi noi abbiamo un tessuto imprenditoriale basato sulle microimprese. Anche un artigiano metalmeccanico che lima a mano l'utensile del tornio per fare più velocemente una lavorazione sta facendo ricerca. Che venga conteggiata nel rapporto col PIL?

A Carpi oggi servirebbero due o tre industriali illuminati, che avessero voglia di riconvertire il distretto, come negli anni del Boom. Dal truciolo alla maglieria, dalla magliera a? E servirebbero tanti giovani volenterosi, capaci di tornare a lavorare con le mani. Servirebbe un po' di nostalgia del passato, e di fiducia nel futuro. E meno "sovisti" catastrofisti.

Roberto Savi Spergiurati

Anonimo ha detto...

Io di lavorare con le mani, durante i miei studi universitari, non ho mai avuto paura. Ho lavorato per mantenermi, ho studiato per avvicinarmi all'eccellenza. Tutto ciò che ho acquisito sarò però costretto a spenderlo all'estero. Grazie Italia.

Anonimo ha detto...

Una riforma universitaria organica deve necessariamente prendere in considerazione:
- un miglioramento della suddivisione del sistema universitario nel suo complesso. Oggi la situazione è la seguente: triennale + specialista, con programmi non molto diversi nei due livelli a parità di denominazione. Gli studenti si ritrovano, dunque, a ripetere durante la specializzazzione ciò che hanno appreso nel livello precedente, a meno che non cambino il corso di studi. Serve, nelle lauree specialistiche, più specializzazione.
- Più soldi a ricercatori e dottorandi: oggi ci si trova nella condizione in cui i ricercatori svolgono attività di docenza spesso sovradimensionata, mentre i dottorandi vengono utilizzati come assistenti (schiavi) dei docenti di ruolo. Il modello dovrebbe essere quello anglosassone, dove gli stessi dottorandi sono investiti di responsabilità didattica vera e propria (a cui, però, deve corrispondere un'adeguata retribuzione)
- selezione di ricercatori e dottorandi sulla base di criteri meritocratici, considerando le capacità e le attività pregresse, piuttosto che sull'attuale concorso, passibile di "maneggiamenti"
- revisione generale dei contratti, con scatti di retribuzione basati sulle pubblicazioni (di qualità, quindi considerandi gli indexed journals o libri pubblicati su determinate cose editrici). Contratti a base triennale, rinnovabili per più termini, per "spezzare l'immobilismo" di certe baronie.

Davide Boldrin ha detto...

Caro "Roberto Savi Spergiurati" che senz'altro hai una visione molto pragmatica del MULTICULTURALISMO.. Condivido appieno questo aspetto della realtà, molto semplice: Ovvero che a questo mondo NON siamo tutti dottori. Bisognerà ritornare a fare i conti con la realtà. SPERIAMO bene! (speranza..Spe salvi.. ecc. ecc. )

Davide Boldrin

Anonimo ha detto...

Per Roberto Savi.. Giullare....in Italia serve solo un governo che governi e l'Italia riparte il giorno dopo..ma il capo del nostro governo ha altro a cui pensare, deve pensare a come non finire in galera..

Stefania

Salvatore ha detto...

Io eliminerei il 3+2 e ritornerei ai vecchi quattro anni. Incentiverei di più gli studenti meritevoli, ma soprattutto penalizzerei chi "galleggia" all'università. Poi,in una sistemazione complessiva dell'istruzione, valorizzerei le professionalità, cancellando quell'idea che se non hai la laurea non fai niente.
Inoltre, in certi casi, come in quello dei diplomati in "ragioneria", sarebbe opportuno intervenire con forza contro gli ordini professionali che hanno, di fatto, obbligato gli studenti a fare cinque anni di Economia e Commercio, del tutto superficiali se uno studente è ben preparato.
Salvatore

novigiudiforma ha detto...

Io ho la LICENZA MEDIA. Si capisce da come scrivo ... Ho fatto un anno di Superiori, poi non avendo voglia di studiare, il babbo mi ha mandato a lavorare. Ho famiglia, professione di responsabilità ( a tempo determinato ), ho fatto POLITICA (la farò ancora ...) e sono un pochino ignorante in grammatica ( le lettere ai clienti me le fa la segretaria ..).Ma vi assicuro che nella vita, tra alti e bassi, me la cavo. Vedo alcuni miei coetanei (39-40 Anni) LAUREATI che sembrano degli ETERNI ADOLESCENTI. Costoro solitamente, tendono, nella maggior parte dei casi, ad essere di sinistra. Mi fanno incazzare da morire ... PREDICANO una società giusta e migliore, poi non sanno neppure stare al mondo. L'ASTRAZIONE PURA! Non hanno le P....e per decidere della loro vita. Almeno gli insegnanti e i prof. che ho avuto da bimbo, qualcosa di buono me lo hanno insegnato.
Quell'anno in cui ho frequentato le superiori, ogni Sabato c'era "sciopero". Quando iniziai a lavorare alla CENTAURO di LIMIDI, ( .. pensare che avevo il babbo "padrone" ..però mica mi prese da lui ..)mi sentii rinascere. Perchè facevo i conti con la realtà. Non tornai più a scuola. Perchè mi sembrava tempo perso.Mi interessavano i soldi e la gnocca. Se potessi tornare indietro, di certo andrei a scuola. E cercherei persone APPASSIONATE. Però se questo dovesse ridurmi come certi miei coetanei di cui ho accennato sopra, MANCO MORTO!!!!!!!! Non siamo tutti dottori ... Io di certo, sono UOMO! (omino, va..)

Davide Boldrin

Anna Sovi Giurati ha detto...

Caro Roberto Savi (quello della Uno Bianca?),
lei scrive a mio modo di vedere alcune cose molto ragionevoli ed altre molto irragionevoli (quelle sì piene di luoghi comuni). In primo luogo il paragone con il passato regge solo fino a un certo punto. Questa generazione deve competere con Paesi lontani che stanno investendo in ricerca e il nostro distretto per riconvertirsi (temo che non bastino 2-3 industriali illuminati) deve puntare sulla qualità e investire sull’innovazione di prodotto e di processo, altrimenti finisce che saranno i nostri figli a cucire palloni di cuoio. Per questa ragione una società che aspira a restare nel novero dei grandi Paesi industriali deve riuscire a finanziare sia il diritto allo studio sia un’offerta formativa di qualità e in prospettiva deve darsi l’obiettivo di incrementare la spesa per l’istruzione, almeno fino a quanto fanno gli altri paesi europei (ciò che non fa il nostro Governo). In questo quadro non ritengo sbagliato invocare anche un ruolo di altri soggetti (fondazioni bancarie e mondo delle imprese) e non sono prigioniera di ideologie superate. Posto però che non è una fondazione bancaria che può creare un corso universitario o una scuola di moda. Ad ognuno il suo mestiere. Non è vero però che in Italia da questi mondi arrivi un sostegno significativo, perlomeno se paragoniamo quanto accade in altri paesi. In Francia, Gran Bretagna e Germania l’apporto del mondo delle imprese ai settori della ricerca e sviluppo (compresi i contributi alle università) è più del doppio di quello italiano. Se aggiungiamo che i tagli indiscriminati del Governo avranno l’effetto di comprimere ulteriormente per i prossimi anni la ricerca condotta in ambito universitario si capisce che viene chiesto al mondo della ricerca di fare le nozze coi fichi secchi. È necessario che anche il mondo delle imprese e delle fondazioni facciano una riflessione più meditata circa i rapporti con l’università. Non a caso il progetto del Campus della Moda è stato corretto proprio in questa direzione, in modo da lavorare in una logica sistemica. Condivido le critiche ad una eccessiva offerta di laureati in corsi per i quali non c’è domanda sufficiente. Pensiamo al boom degli anni scorsi di laureati in scienze della comunicazione e scienze sociali. E infatti la disoccupazione riguarda perlopiù giovani laureati in queste materie. Un raffronto internazionale ci suggerisce però che anche in altri Paesi simili al nostro esiste un forte stock di laureati in discipline analoghe, nei confronti dei quali però ci sono minori pregiudizi, ed essi vengono maggiormente riassorbiti dal mercato del lavoro. Prima di escludere dal mercato del lavoro questi i laureati in queste discipline sarebbe il caso di compiere una ricognizione meno frettolosa. Non è affatto vero che con la formula 3 più 2 le cose siano peggiorate, mentre sicuramente si è affermata nella società italiana e nelle imprese l’idea di un’eccessiva leggerezza dei nuovi titoli di studio. Infine sulle scuole superiori. La crescita economica dei nostri territorio è proceduta parallelamente a un forte investimento nelle scuole tecniche. La liceizzazione da un lato delle scuole superiori e la riduzione a un ghetto dall’altro delle scuole professionali deterimanata dalla riforma Gelmini va proprio in direzione contraria. E temo non sarà utile per favorire quella riconversione che lei invoca e che ci fece passare, come si disse con una formula felice, dalle paglie alle maglie.
Cordialmente
Anna Sovi Giurati (che passa dal pessimismo e catastrofismo della ragione, all’ottimismo della volontà)

Anonimo ha detto...

Il 3 + 2 è fondamentale per comparare il nostro sistema universitario con quello degli altri paesi occidentali. Un ritorno ai quattro anni oggi sarebbe deleterio. Va migliorato l'esistente. Concordo pienamente con Anna Sovi Giurati

Anonimo ha detto...

Molto interessante. Grazie a tutti
Monica

Salvatore ha detto...

Perché sarebbe deleterio, il ritorno ai quattro anni?
Forse non sarebbe la soluzione giusta, ma deleterio non credo.
Il vecchio ordinamento è deleterio quando permette agi studenti di arrivare, senza motivazioni serie, a laurearsi in dieci anni, come succedeva in casi estremi.
I due anni di specializzazione, oggi,sono una mera ripetizione dei programmi già affrontati nei primi tre anni (basta guardare i programmi disponibili in linea).
Comunque, postmetto che ogni sistema non è buono o cattivo in sé.
Salvatore

Anonimo ha detto...

investire sull’innovazione di prodotto e di processo
generare schemi efficienti
fare una riflessione più meditata
aggregare contenuti innovativi
compiere una ricognizione meno frettolosa
passare all’ottimismo della volontà
finanziare un’offerta formativa di qualità
fare leva su mercati digitali al top della tecnologia

queste e altre amenità su
http://www.phibbi.com/extra/gswe.php

Anonimo ha detto...

Sarebbe deleterio in un'ottica di competizione globale, dove tutti i sistemi sono basati sul 3+(1,2,4 compreso il PhD) salvo particolarissime eccezioni. Ciò che serve è il "fondante" più la "specializzazione". Tantè che nella maggior parte dei paesi anglosassoni si considera sempre la triennale (bachelor) come settore di competenza. Che poi le specialistiche in Italia siano una ripetizione su questo siamo d'accordo. Tuttavia questo lo si deve al fatto che il coinvolgimento dei dottorandi e dei post doc nell'insegnamento è limitatissimo, principalmente a causa della carenza di risorse (per pagare le ore di insegnamento) e di flessibilità (certi corsi non si possono fare perchè mettono a rischio lo strapotere dei professori di ruolo).

Anonimo ha detto...

Ringrazio per il post di carpizeronove che ha evidenziato il problema vero dei nostri tempi. I giovani sotto i 25 anni registrano un livello di disoccupazione quadruplo rispetto agli adulti e sono alla ricerca di un posto a lungo: oltre un anno nel 40% dei casi. Non è solo un problema italiano ma l’Italia, tra i 33 Paesi dell’Ocse, si colloca in fondo alla classifica. Ne vogliamo parlare?
Andrea

Salvatore ha detto...

Grazie per la spiegazione. Stamattina su Radiotre si parlava di ricchezza del nostro paese rispetto agli altri paesi europei. Risultiamo più ricchi, grazie alle case di proprietà e alla struttura familiare. Inoltre siamo il paese delle "Partite Iva". Forse anche per questo i giovani laureati non trovano lavoro. In paesi altamente industrializzati sono richieste di più le lauree. Da noi è ancora sufficiente la "gran voglia di lavorare".
Salvatore.

Alberto Imbeni ha detto...

Ognuno deve poter studiare quello che vuole a prezzi accettabili.
Il lavoro non può essere sempre collegato con lo studio.
Io sono diplomato al Meucci di Carpi e laureato all'ISEF di Bologna. Ho fatto i seguenti lavori: operaio all'AMRE di Carpi, agricoltore fra Carpi e Rio Saliceto, operaio alla tintoria industriale di Correggio, dipendente comunale presso la piscina di Carpi, dipendente comunale presso l'ufficio economato del Comune di Carpi, istruttore di ginnastica artistica presso: La Patria Carpi, Panaro Modena, Amatori Reggio Emilia, Corassori Modena, Polisportiva Maranello, Nazareno Carpi.
Insegnante supplente di stenografia, dattilografia, laboratorio trattamento testi, sostegno, educazione fisica (nelle scuole statali della provincia di Modena).
Assistente amministrativo supplente nelle scuole statali della provincia di Modena.
Sicuramente mi sarò dimenticato altri lavori che ho fatto. Quando sento parlare di "crisi" mi viene un po' da ridere, così come quando penso ai politici italiani di tutti gli schieramenti...
Ora sono insegnante di ruolo a tempo parziale per mia scelta (lavorare meno = lavorare tutti) e svolgo il mestiere musicale girovago.
Cosa c'entra tutto questo nel discorso.
Niente, anzi tutto. Buon lavoro.

novigiudiforma ha detto...

Caro Salvatore, la prego di non offendere: "In paesi altamente industrializzati sono richieste di più le lauree. Da noi è ancora sufficiente la "gran voglia di lavorare"." ... Ma le pare ?Vede caro Salvatore, non entrerò troppo nei dettagli, ma è di oggi l'incontro con un ingegnere e un perito meccanico, i quali chiedevano al sottoscritto come si potessero sviluppare migliorie su un prodotto, in funzione al mercato reale. "La gran voglia di lavorare" forse lei non sa neppure di che colore è. E magari preferisce " teorizzare un mondo migliore ". Evidentemente lei E' UNa di quelle persone che IGNORA tANTE cose della società che funziona e che lavora. Con gusto. Apprezzando quel che ha fatto. Non critico di certo chi è laureato. Mi piace la conclusione del commento di Anna Sovi Giurati (che passa dal pessimismo e catastrofismo della ragione, all’ottimismo della volontà). Non è un paese per giovani ? Sarà ora che i giovani tornino ad essere concreti e pragmatici. Con " La gran voglia di lavorare " , senza rinunciare ai sogni. Vede, i miei modelli non son certo sullo stile di quel carneficie di Che Guevara. Io ammiro un certo Enrico Mattei, uno scrittore di nome Giovannino Guareschi, e anche un sinistroide come Giorgio Gaber. Costoro avevano un difetto, per quel che gli competeva : " La gran voglia di lavorare ".

Davide Boldrin
Uno che per anni, quando gli veniva voglia di lavorare, si siedeva ... e aspettava che passasse..

P.S.: Non nego la crisi economica, anche perchè nel 2009 son toccati anche a me 5 Mesi di cassa zero ore, e i rimanebti 7 a singhiozzo ....
Giovani, Muovete il culo!

Davide Boldrin ha detto...

Chiedo (..poco..) scusa per l'irruenza. Ma per rimanere in tema, ci tengo a sottolineare un'ulteriore cosa. Questa estate al MEETING di RIMINI ( quello di CL) non mi sembrava che tra i giovani ( tra cui TANTI universitari..) ci fosse un'aria cosi tragica. Consapevolezza delle difficoltà, ma SPERANZA e TENACIA. Quel che mi rende un pochino nervoso è proprio la negazione da parte della cultura sinistroide del bello che esiste. E i miei amici "giovani" li vedo spesso allegri. Invece i "sinistrosi" sono allegri solo se bevuti o fumati. E sempre con quell'atteggiamento funesto ... L'ITALIA è PER GIOVANI ( e meno..) che hanno voglia di fare. NON è UN PAESE PER COMUNISTI e NOSTALGICI del '68 ... Per questo il Sindaco di Novi mi vuol nominare ASSESSORE al TURISMO. Perchè son riuscito ad organizzare i viaggi, con l'atterraggio all'aereoporto di Fossoli, dagli ex-paesi sovietici. Si. Perchè da là voglion venire a vedere (.. e capire come mai ..) gli ultimi comunisti e agnostici rimasti ...

Bye Bye
Buldrein

Salvatore ha detto...

Gentile Boldrin,
innanzitutto mi sento in dovere di porgerle le mie scuse. Non intendevo offenderla con le mie parole e non intendevo offendere certamente chi tutti i giorni, proprio grazie alla voglia di lottare e faticare, ma non solo a quella, riesce ad emergere e in momenti di crisi come quello che stiamo vivendo a mantenere quello che ha conquistato.
La mia considerazione(e qui è lei che scade nell'offensivo e nel generico, definendomi un ignorante) che è sicuramente superficiale rispetto agli studi sociali o alla semplice percezione di chi tutti i giorni si scontra con i problemi del lavoro, deriva da un'altrettanta superficiale considerazione: il tessuto economico produttivo del nostro paese è fatto, per il 90%, di piccole e medie imprese a conduzione familiare, mentre negli altri paesi europei la percentuale è decisamente invertita a favore dell'industria e dell'alta finanza.
Se a Londra va in crisi il sistema finanziario, cosa che,converrà con me, sta succedendo, gli occupati, brillanti giovani laureati, vengono lasciati a casa in massa. Questo accade anche nell'industria, che ne so, in quella chimica tedesca. E questo produce un colpo maggiore al livello d'occupazione, specialmente fra i giovani.
In quelle due realtà, per entrare nel mondo del lavoro, non è certo sufficiente la voglia di lavorare ed emergere (così come non lo è per lei), ma è necessaria una solida preparazione universitaria.
Questa considerazione, però, non è indirizzata contro chi non ha preso la laurea. Non è il solito giudizio sprezzante verso il nostro paese e la nostra gente, e forse per avere inteso ciò lei si sente offeso dalle mie parole: è' una considerazione che, nella discussione di stamane su Radiotre, aveva una sua valenza meramente analitica.
Le analisi successive,quelle sulle scelte da farsi ad un livello sociologico e politico, io ne le faccio per due ordini di idee: il primo, perché credo fermamente in un'analisi della società, la più asettica che possa esistere; secondo, perché non ho una fiducia cieca nell'azione politica e lo sa perché? Perché in politica, specialmente in quella da bar, si crede fermamente che due più due faccia sempre quattro, mentre, come si può vedere in Italia, tre più due non fa cinque.
Le auguro tanta fortuna e spero che dal suo lavoro, che lei sicuramente svolgerà con competenza e passione, le possano derivare felicità spirituale e materiale.
Salvatore.

Salvatore ha detto...

Evito di commentare il suo secondo intervento, Boldrin, perché, essendo intriso dei più biechi luoghi comuni, richiederebbe uno stile a me non più consono.
Vede Boldrin, due più due non fa quattro e le uguaglianze Ciellino=felicità e Sinistra=tristezza sono indegne di essere annoverate nella categoria del pensiero umano.
C'è più umanità nel riflesso Pavloviano, che in questo tipo di uguaglianze.
Salvatore.

Davide Boldrin ha detto...

Bene caro Salvatore. La Ringrazio sinceramente per le sue scuse e chiedo scusa pure io. Ha colto perfettamente. In realtà sono anche un gran provocatore. Non a caso. In merito al secondo intervento, non volevo fare l'equazione " Ciellino=felicità e Sinistra=tristezza " però questo è quel che vivo in termini di esperienza. Nessuno vuol negare le problematiche reali ( men che meno lei, ho inteso). Però, un conto è "prendere il toro per le corna " e affrontare la vita di tutti i giorni tenendo conto di tutti i fattori. Un conto è lamentarsi sempre senza essere propositivi. E (ribadisco)tendendo ad uccidere la speranza, nonostante tutti gli aspetti problematici. Tutto è per giovani. Ho citato il Meeting, come esempio. Concludo, con una domanda che mi faccio quotidianamente: Ma come avranno fatto i nostri "giovani" di una volta dopo la guerra ? Mha..

Anonimo ha detto...

Boldrin, non faccia del bieco populismo. E' ovvio che se andiamo a prendere ogni singola esperienza personale la prospettiva viene modificata. A lei il mondo della scuola potrà non interessare, o non sembrare in preda a terribili dilemmi, ma questo è un dato di fatto.
Se proprio dobbiamo parlare del nostro piccolo cortile di casa, allora vi porto la mia di esperienza personale. Negli anni passati mi è capitato di vedere:
1- piccoli imprenditori carpigiani che hanno obbligato i figli, ignoranti e cerebralmente incapaci, a imbarcarsi in azienda. Risultato, manco a dirlo, fallimentare.
2- piccoli imprenditori carpigiani che, non avendo un figlio, oppure con un figlio che proprio non vuole interessarsi all'attività di papà e mamma, preferiscono chiudere piuttosto che adottare quelli che lei, Boldrin, chiama giovani volenteresi.
3- medio imprenditore carpigiano che ha assunto con contratto di formazione un mio caro amico, molto intelligente, laureato in lingue ed economia (2 lauree, per capirsi). Il mio amico, nonostante fosse laureato, Boldrin, era un giovane volenteroso. In azienda ha fatto di tutto, da guidare il furgone per portare in giro le merci all'iscatolamento, dalla vendita agli acquisti. Perchè, come dice lui, è giusto capire come un'azienda funziona, dalla A alla Z. Risultato: dopo 6 mesi gli è stato proposto un altro contratto formazione, mentre la posizione che gli sarebbe spettata è stata data alla segretaria tettona (che le tette se le faceva toccare). Evviva il merito.
4- Grande azienda di elettronica del nord Europa. Il responsabile marketing Italia area nord-est, un fesso che si vantava di essere arrivato in quella posizione solo con il suo diploma in ragioneria, durante un briefing con i venditori, lancia una serie di idee balzane basate solo sollua sua fantasia. A domanda critica posta dal sottoscritto, basata su una cruda analisi sociale del nostro paese, fatta semplicemente con gli strumenti che gli studi universitari mi hanno dato, risponde con improperi e dandomi dell'ignorante. Risultato: vendite calate del 20%. Telefonate continue al sottoscritto e ad altri venditori da parte dei responsabili di area, che non sanno più che pesci pigliare. Conclusione: il sottoscritto lasciato a casa, il cretino di cui sopra promosso, giusto per avere, l'anno successivo, un ulteriore calo delle vendite.

Questo è un paese per cretini, mi sa

Anonimo ha detto...

Mi scusi Boldrin, ma non facciamo del populismo gratuito e sterile. E' chiaro che se prendiamo la sua esperienza personale, la scuola ha rilevanza minima. Questo non significa, tuttavia, che il sistema scolastico italiano sia in crisi e che necessiti di una riforma organica. Non significa, inoltre, che l'istruzione, anche fine a se stessa, non sia necessaria e utile.
Se proprio dobbiamo guardare al nostro orticello, le farò alcuni esempi per me illuminanti che contraddicono la sua tesi.
1- ho visto piccoli imprenditori carpigiani che, piuttosto che prendersi in casa un giovane capace e competente, si affidavano al figlio ignorante e deficiente. Il risultato, piuttosto ovvio: fallimento
2- ho visto piccoli imprenditori carpigiani, che non avendo figli a disposizione (perchè mai nati, o perchè assolutamente restii a lavorare per i genitori), si sono ben guardati dall'affidarsi a giovani capaci e volenterosi e hanno preferito chiudere (o chiuderanno).

continua...

Anonimo ha detto...

in realtà è proprio da come e cosa scrive Boldrin che si capisce che invece la scuola è importante e i danni dell'abbandono scolastico sono enormi
Cattivik

Anonimo ha detto...

...continua
3- un mio caro amico, laureato in lingue ed economia (due lauree), molto volenteroso, è stato assunto da un medio imprenditore della nostra zona. Con un contratto di apprendimento di sei mesi, pagato nulla, si è impegnato a seguire tutto il processo produttivo dell'azienda. Ha guidato il furgone e portato le merci in giro per l'Italia, ha inscatolato, ha seguito l'amministrazione, si è occupato delle vendite e degli acquisti. E' stato riempito di lodi e apprezzamento, dall'imprenditore in primis. Che però, allo scadere dei sei mesi, gli ha offerto altri sei mesi uguali. Il posto che si era liberato a cui il mio amico ambiva (una sorta di assistente del capo) è stato affidato ad una procace 35enne, ignorante come una capra, ma con le mammelle di una mucca. Risultato nel futuro? non lo so, ma prevedo un fallimento. Intanto il mio amico è espatriato, schifato.

...continua...

Anonimo ha detto...

...continua, e finisce.

4- Grande azienda di elettronica del nord Europa, gestita, in Italia, da un italiano, in modo tutto italiano. Durante un briefing precedente il periodo natalizio, il responsabile marketing del nord-est, dopo essersi bullato di aver raggiunto quella posizione solo con il suo diploma di ragioneria, fa un'"acuta" (come uno spino nel didietro, direbbe mio nonno) analisi sociale dell'Italia e su questa imposta la campagna vendite. Io, da umile laureato, gli pongo una domanda critica, basata sulla mia nalisi della società italiana, fatta con gli strumenti che mi hanno dato gli studi universitari. Dire che sono stato ricoperto di insulti è poco. Mi ha dato pure dell'ignorante, ma alla mia domanda non ha risposto. Dopo un mese, le vendite sono crollate a picco. Proprio come io e altri laureati presenti al briefing avevamo previsto. Risultato: il sottoscritto licenziato perchè non riusciva a vendere una cosa invendibile. Il cretino di cui sopra promosso. Inutile dire che l'anno seguente la grande azienda ha subito un fallimento ancora peggiore.

Questo non è un paese per giovani, è un paese per cretini

Andrea

Davide Boldrin ha detto...

Anche a me un'azienda mi trombò ...e quest'anno CHIUDE ( e io un pochino godo.. ). A parte ciò, rimarco qualche aspetto che forse qualcuno, o fà finta, o non vuol capire. 1) Non siamo tutti dottori 2) sarà meglio non ammazzare la speranza 3) Siamo uomini o no? Quando con alcuni amici ( frequento molti laureati, sapete com'è.. tutti ciellini.. uno di questi molto spesso scrive anche su questo blog ...)LAUREATI e lavoratori, mi han fatto notare come l'università sia lontana dalla realtà. Comunque penso sia una fortuna che ci siano i Laureati in INGEGNERIA MECCANICA, ELETTRONICA ,e oggi pure MECCATRONICA. Altrimenti non potrei fare il mio lavoro senza di loro. Tutto si complementa. Quindi 'sti giovani si devono mettere una corda al collo perchè non "gira" come prospettato e/o programmato, o dovranno prendere atto della realtà ( e del mondo che cambia) e farci i conti ?

Anonimo ha detto...

Eh, ma che cavolo, è ovvio che devono fare i conti con il mondo che si ritrovano. E non devono neppure perdere la speranza. Però è chiaro che devono puntare ad un miglioramento delle condizioni, cosa che attualmente, con la totale mancanza di senso di responsabilità della nostra classe politica, non è praticabile.
Quindi che come me è iperspecializzato, se ne va all'estero, perchè, detto in tutta sincerità, mi sono anche un po' rotto le cosidette di fare lavori manuali (dato che ho la testa e con le mani faccio schifo).

Andrea

Davide Boldrin ha detto...

GIOVANI UNIVERSITARI SI DANNO DA FARE:
www.tracce.it/default.asp?id=271

Anonimo ha detto...

premesso che l'articolo è molto interessante, in qualità di ricercatore universitario precario vorrei fornire un mio contributo alla discussione.
1) Per quello che riguarda la riforma Gelmini, sono dell'idea che non sia la soluzione ideale per i problemi dell'università, ma sono assolutamente a favore di qualsiasi provvedimento che inizi a smuovere le cose; l'amministrazione scadente, la gestione clientelare dei fondi e degli incarichi e la scarsa qualità dell'insegnamento (escluse alcune eccezioni) sono ad un livello tale che peggio di così è difficile...
2) fare confronti con gli altri paesi europei è normale, ma spesso ci si dimentica di fare un confronto completo. è vero che la media degli investimenti all'estero è più alta, ma ci sono alcuni dettagli non irrilevanti:
-i finanziamenti non vengono erogati "a pioggia" come è sempre stato in italia, ma solo ai ricercatori che dimostrano di avere progetti interessanti dal punto di vista scientifico, utili alla comunità e sopratutto realizzabili, ed al termine del finanziamento è di norma prevista una valutazione seria dei risultati che, in caso negativo, preclude a nuovi finanziamenti
- i ricercatori sono valutati dall'ente che li paga e/o dallo stato, e se non producono buone ricerche (o non fanno buona didattica nel caso dei professori)possono essere allontanati
- la mobilità dei ricercatori è praticamente indispensabile ed è uno strumento fondamentale di crescita professionale ed umana; il ricercatore a tempo indeterminato è una contraddizione in termini, e non esiste da nessuna altra parte. Solo in italia viene consentito di fare i ricercatori a vita senza essere tenuti a dimostrare nulla, nemmeno la presenza...
Io preferisco avere meno soldi ma spesi per chi se lo merita; sono convinto che i bravi ricercatori non subiranno troppi intoppi nella loro ricerca perchè di norma riescono a supplire con finanziamenti privati (es telethon, non a caso fondazioni maniacalmente meritocratiche)
3) Io ho 35 anni ed ho sempre lavorato con contratti a termine e/o a partita iva, eppure ho una vita normale, una famiglia ed un mutuo come tanta altra gente, e non mi sento una "mosca bianca". per me la forma contrattuale non ha mai rappresentato un problema, quello che conta per me è raggiungere gli obiettivi che ci si pone, anche se per farlo bisogna fare qualche sacrificio. Se è vero che spesso questi tipi di contratti sono usati in modo scorretto (e qui si che lo stato dovrebbe fare qualcosa), è anche vero che non ci si può sempre aspettare la "pappa pronta", il bel posto fisso possibilmente vicino casa e per favore che non sia troppo faticoso... indipendentemente dalla laurea che prendi (o non prendi), se non fai di tutto per realizzare le tue aspettative e aspetti solo che ti succedano le cose, poi non ti lamentare se finisci in un call center. Non vorrei usare un luogo comune, ma sono convinto che le occasioni capitino a chi si mette nelle condizioni di riceverle.
4)le opportunità ci sono eccome, e se i giovani sono "disperati" forse dovrebbero dare la colpa a se stessi; i nostri nonni non hanno certo avuto le stesse possibilità di scelta, mentre oggi è realmemte tutto aperto... forse m.zuckenberg (uomo dell'anno per NY times) non è stato troppo li lamentarsi o a spaccare vetrine perchè non aveva un posto fisso.

MDP

Anonimo ha detto...

Il fatto è che buona parte di quelli che protestano non chiedono il posto fisso. E neppure io. Per il resto concordo. Tranne per i finanziamenti privati. Per quanto rigurda le scienze sociali, ad esempio, i fondi privati sono del tutto inesistenti.

Davide Boldrin ha detto...

Per buttare un po di Benzina ...:
" E' Dura, ma l' ITALIA è ( nonostante tutto) un paese per giovani "

Link:
http://novigiudiforma.blogspot.com/2010/12/e-dura-ma-l-italia-e-nonostante-tutto.html

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