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venerdì 18 marzo 2011
Su RomagnaNoi è appena uscita una interessantissima intervista a Gabriele Tagliaventi, architetto e urbanista bolognese, che spiega il perché anche in Italia, come negli Usa, il modello degli Ipermercati va verso la demolizione.
Leggete un po' e dite se non si può applicare pari-pari alla nostra città.

Tagliaventi sostiene che tra dieci, “forse vent’anni a seconda di quando passerà la crisi”, in Italia, come già avviene negli Stati Uniti, gli ipermercati verranno demoliti e al loro posto nelle periferie sorgeranno nuovi “quartieri urbani integrati” [per] la consapevolezza che questi centri sono dei generatori di traffico impressionanti e quindi di inquinamento”.
"La nostra regione, insieme al Veneto, è quella che ha importato maggiormente il modello di città diffusa, a bassa densità, americano. E’ uno schema urbanistico che incoraggia l’uso dell’auto. Oggi Ferrara, Ravenna, Modena, Bologna, [Carpi] sono città all’americana, costruite secondo il modello che si usava negli Usa cinquant’anni fa”. [Un modello perdente] “Innanzitutto perché è inquinante e dipendente dal petrolio. In queste città non è possibile vivere senza auto perché tutto è decentrato,"
A Parigi, Madrid, New York, il cittadino si muove tranquillamente con i mezzi pubblici. Così, oggi, viviamo un interessante paradosso”. [E cioè] “Che si vive meglio nelle grandi città che nelle piccole. Il contrario di quanto succedeva anni fa. Nelle città a bassa densità non è possibile allargare la rete dei trasporti pubblici a tutta la cittadinanza perché non è conveniente, si creano ipermercati e si svuotano i centri storici, questo porta a problemi di sicurezza. Si crea un circolo vizioso. Ma, a parole, si va nella direzione opposta: la ‘città delle biciclette’, la ‘città a misura di pedone’, e tanti altri slogan simili messi in campo dalla politica. In realtà viviamo nella città del Suv, come in Texas dove si va a fare la spesa a chilometri di distanza. Ma i texani ce l’hanno nel sangue, è un fatto culturale: non pretendono di vivere nella città della bicicletta. Del resto, lei ha mai visto qualcuno andare a fare la spesa al centro commerciale in bicicletta? E’ evidente che ci vuole l’automobile da cui siamo sempre più dipendenti”.

Parla anche dei multisala nei quartieri industriali
“Sì, la logica è la stessa. Creando multisale periferiche i cinema in centro vengono chiusi e la città si impoverisce anche nelle ore serali. Questo a discapito della sicurezza. Quando il centro è vissuto e ci sono persone che vanno al cinema, vetrine che illuminano e dalle quali i negozianti vedono quello che succede all’esterno, la città è in un certo senso già presidiata. E’ più difficile, invece, coprire con le poche forze di polizia tutte le zone della città diffusa”. [Sarà un architetto grillino e rifondarolo]  
Una domanda pone l'accento sulla rivalità tra città vicine per l'apertura di centri commerciali (tipo GrandEmilia vs. BorgoGioioso)
“Questo è un ragionamento che fanno molte amministrazioni. Invece dovrebbero dire: ‘Il Comune vicino ha l’ipermercato? Bene, io potenzio il centro storico’. Purtroppo sono logiche che la politica scoprirà fra dieci, forse vent’anni, ma vedrà che prima o poi la tendenza al quartiere integrato arriverà anche da noi. L’ipermercato è un modello antieconomico ed antiecologico.
Di chi è la colpa?
“C’è confusione e questo si riversa sulle scelte urbanistiche. Poi nel centrodestra sostengono che l’ipermercato è una forma di libertà, dall’altra parte dicono che è una forma di cooperazione. Ma in Italia non abbiamo petrolio, non abbiamo minerali, la nostra più grande ricchezza è la città medioevale e rinascimentale con le sue bellezze: investiamo su di essa”.
Ma è solo per colpa degli iper che si svuotano i centri storici?
“Degli ipermercati e delle politiche che vietano l’accesso delle auto in centro. Questo è un altro paradosso. Viviamo nella civiltà delle automobili e facciamo le giornate ecologiche in cui si vieta l’accesso ai centri storici, lasciando libere le persone di andare negli ipermercati che sono i più grossi generatori di inquinamento”.
Hanno ragione i commercianti, allora?
“Certo. La città italiana all’estero è un marchio, tanto che viene copiata come succede già a Boston e in tantissime altre zone del Nord America. Gli altri ci copiano le città, noi che le abbiamo a disposizione le svuotiamo. Se non ci fossimo dentro, sarebbe un caso da studiare antropologicamente”.
Ma ci siamo dentro... fino al collo! 

5 commenti:

Lorenzo Paluan ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anonimo ha detto...

La saggezza di codesto Tagliaventi mi pare paragonabile a quel celebre parlamentare italiano che nel dopoguerra si opponeva alla costruzione delle autostrade sostenendo che bisognava potenziare la rete stradale esistente.
Quando poi sostiene che bisognerebbe entrare con le auto nei centri storici capisci che il soggetto è da TSO immediato.
Tanto per capirci: questa archistar quanti soldi prende da ConfCommercio e ConfEsercenti per dare queste illuminate opinioni?

Stefano Serafini ha detto...

Gentile sig. Anonimo, archistar sarà lei, che insulta senza sapere di cosa sta parlando. Gabriele Tagliaventi è una delle persone che alle archistar - quelle sì funzionali a un sistema economico distruttivo - fa la guerra da anni, proponendo un sistema funzionale di città dove tutto è raggiungibile a piedi e l'auto, dunque, è quasi inutile. Così, non c'è la necessità di proibirne l'uso, perché le persone ne fanno a meno volentieri, come avviene ad es. in Francia. Ma in Italia no, bisogna fare le cose PROIBENDO; la sicurezza per le strade, invece che portarci la vita con attività e negozi, la si farà con i SOLDATI; ecc.

La battuta sui "soldi" di Confcommercio e Confesercenti (cosa sono? nemici di classe?) ricorda gli atteggiamenti paranoidi di certi gruppuscoli politici che ovunque vedevano prezzolati: la pensi diversamente? chi ti paga???

Per chi è interessato ad andare oltre le battute superficiali, Tagliaventi ha pubblicato un bellissimo libro in cui spiega a fondo un modello di città a misura umana, insieme al collega Ing. Bucci: THE GUIDE OF ECO-EFFICIENT CITIES, Alinea, 2009. Una lettura molto utile. Insieme ai colleghi del Gruppo Salìngaros tale modello è stato discusso pubblicamente in più occasioni, ad es qui: http://www.ilquotidiano.it/articoli/2010/11/02/107180/progettare-la-citta-a-misura-duomo .

toratora ha detto...

La domanda e’: cosa direbbe un carpigiano di codesto Tagliaventi?
Le peggio cose, temo...
A Carpi infatti non mi risulta che la gente affolli l’Iper con un fucile puntato alle spalle ne’ tantomeno per motivi ideologici o condizionamenti pubblicitari…semplicemente, credo io, perche’ e’ piu’ comodo e piu’ conveniente.
Il modello basato sulla grande distribuzione dislocata in aree periferiche e’ “win-win”, nel senso che soddisfa tanto il consumatore quanto l’esercente: mentre quest’ultimo gode di enormi economie di scala, infatti, dall’altra parte il consumatore ha svariati vantaggi come la possibilita’ di raggiungere in macchina la meta, la varieta’ di scelta nell’acquisto, il carrello pieno che arriva davanti al bagagliaio dell’auto, un tetto sulla testa quando piove e l’aria condizionata quando fuori c’e’ la canicola, solo per citarne alcuni.
Se si aggiunge che l’Iper solitamente fa prezzi piu’ bassi e applica orari piu’ dilatati, il cerchio si chiude.
Riguardo poi a quello che succede all’estero, e’ palese che siamo stati colonizzati non solo dal modello, ma anche dai marchi, e siccome non ho mai visto l’Ikea nel centro di Stoccolma o Leroy Merlin sulla Senna a Parigi (e non credo proprio che questi facciano affari solo da noi), ne deduco che le periferie commerciali esistono anche a nord delle Alpi.
Citta’ sostenibile, quartieri presidiati dai cittadini, botteghe di prossimita’? Tutto bellissimo, se lavori part time e vicino a dove vivi, perche’ se poco poco fai come i tantissimi (che naturalmente il buon Tagliaventi guarda con compassione) che sono costretti a pendolare uscendo di casa alle 7.40 per farvi rientro alle 20.00, puoi abitare anche sulla luna, tanto vai il sabato a far la spesa al centro commerciale usando l’auto perche’ devi caricare scorte per una settimana.
Gabriele Tagliaventi non e’ prezzolato, ci mancherebbe, e non e’ nemmeno rifondarolo o grillino come e’ stato scritto, e’ solo, secondo me, un architetto che abita una casa da lui ristrutturata in centro storico, che lavora, senza orari fissi in un luminoso e spazioso ufficio, sempre in centro naturalmente, che tutti i giorni va a prendere i figli a scuola pedalando sulla sua bicicletta e fermandosi lungo il tragitto una volta dal fornaio, che lo saluta e lo chiama per nome, una volta dal salumiere, che gli fa cenno di non disturbarsi a pagare, tanto ha segnato sul conto aperto, e una volta dal fruttivendolo che gli allunga, condita con un gran sorriso, la solita insalata freschissima.
Nei suoi panni, guarderei anch’io con orrore questi obbrobri di centri commerciali, nei suoi panni…

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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