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mercoledì 31 marzo 2010
Su TEMPO del 2 aprile

A Carpi la comunità pachistana raggiunge quota 2mila. Numerosi i capifamiglia costretti ad abbandonare la città a causa della perdita del posto di lavoro, in cerca di una nuova occupazione
I lavoratori migranti sono particolarmente vulnerabili rispetto alla tempesta economica creata dalla crisi finanziaria. Hanno molte probabilità di perdere il lavoro - poichè spesso svolgono mansioni di basso profilo e vengono impiegati in settori particolarmente esposti alla recessione come quell’edilizia, ad esempio - e le loro famiglie – spesso rimaste nei paesi d’origine – ne pagano il prezzo non ricevendo più il supporto finanziario necessario al proprio sostentamento. Accanto alla perdita di reddito e alla mancanza di prospettive, elementi che accumunano tutti coloro che hanno perduto il lavoro o stanno usufruendo di qualche forma di ammortizzatore sociale, gli stranieri vivono però un’aggravante ulteriore: la paura di non poter rinnovare il permesso di soggiorno e, di conseguenza, di scivolare nell’irregolarità. Nonostante tutto però, nella maggior parte dei casi, non si sta verificando alcun controesodo: per molti migranti infatti, le condizioni economiche e sociali in cui versano i loro paesi d’origine sono di gran lunga peggiori e, quindi, restano qui. Basta scorrere i dati della popolazione residente a Carpi per capirlo. Al 1° gennaio 2009, i residenti ammontavano a 67.203, di cui 7.573 stranieri, costituiti per lo più da migranti provenienti dal Pakistan (1.824). Al 31 dicembre 2009, i residenti sono saliti a 68.059, di cui 8.347 stranieri. Cresciuta anche la comunità pachistana che si riconferma la più popolosa in città, con 2.061 componenti. A Nosheen Ilyas, 28enne pachistana, a cui si deve la nascita in città del Pti - Pakistan Tehreek-e-Insaf, traducibile come Movimento per la Giustizia - chiediamo come i suoi connazionali stanno vivendo questo momento di crisi.

Qualcuno è rientrato in patria, magari subaffittando il proprio appartamento per continuare a pagare il mutuo? Quali sono le difficoltà maggiori delle famiglie?

“La crisi tocca tutti, italiani e stranieri. Alcune famiglie sono tornate ma in un numero esiguo a causa dei gravi disordini che stanno scuotendo il Pakistan. Il rischio infatti, una volta tornati, è di non avere il necessario per vivere e soprattutto di mettere a rischio la propria vita. Pur di racimolare denaro, si stanno intensificando i rapimenti di bambini, la crisi in Pakistan è terribile; la gente ha paura. Chi ha perduto il lavoro a Carpi, lascia qui le famiglie e si sposta, soprattutto verso Milano, in cerca di una nuova occupazione. I trasferimenti sono comunque all’interno dell’Italia a caccia di un lavoro qualsiasi, anche stagionale, pur di mantenere la famiglia e salvaguardare la regolarità dei documenti”.

In un momento di disaffezione generale alla politica, hai deciso di creare un partito dei pachistani residenti a Carpi. Emanazione del Pakistan Tehreek-e-Insaf operante in patria. Perché?


“Il Pti è nato 15 anni fa in Pakistan. E’ il partito della giustizia, che lotta a favore delle donne, per l’ottenimento di maggiori diritti e dignità. La comunità pachistana che vive qui è numerosa e vuole essere ascoltata. Abbiamo tanti progetti da proporre e da realizzare. Pensiamo che intraprendere la strada della politica possa essere funzionale al raggiungimento di questi fini, ad oggi rimasti inascoltati”.

Quali obiettivi si pone il PTI?

“Attraverso questa formazione politica lotteremo per il diritto di voto in Italia, perché è qui che viviamo ed è per questo territorio che desideriamo il meglio, nel rispetto delle regole. In un mese circa abbiamo già raccolto una cinquantina di iscrizioni e a me è stata affidata la presidenza a livello regionale. A breve riceveremo la visita del fondatore, dopodiché presenteremo il nostro statuto all’Amministrazione Comunale. Vorremmo realizzare molti sogni: un doposcuola per bambini stranieri nel quale insegnare loro l’urdu, organizzare corsi di italiano per le donne, per farle uscire di casa e favorire percorsi di integrazione. Vogliamo abbattere il muro che spesso separa la nostra comunità da quella carpigiana. Aprirci e farci conoscere, anche attraverso l’organizzazione di incontri e dibattiti in una sorta di casa delle culture, affinchè tutti sappiano che siamo venuti qui in pace e che amiamo la democrazia. Solo col dialogo possiamo mostrare che l’odio fomentato dai mass media non ha ragione di esistere”.

Quali sollecitazioni presenterete all’Amministrazione?


“Considerato l’elevato numero di musulmani in città, vorremmo chiedere al Comune di Carpi uno spazio per realizzare un cimitero islamico. Chi muore qui ha il diritto di esservi seppellito, secondo i dettami dell’Islam; molti, per rimandare la salma in patria, pratica costosissima, sono costretti a chiedere collette porta a porta. Non è dignitoso”.

Jessica Bianchi

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