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martedì 16 marzo 2010
Pubblichiamo il testo integrale del documento sulla Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi predisposto da Alleanza per Carpi.

FONDAZIONE
L’approssimarsi della scadenza e del rinnovo degli organi che gestiscono la Fondazione CR – il Presidente, il CdA e i componenti del Consiglio di Indirizzo indicati dalle istituzioni locali: Comuni di Carpi, Soliera, Novi,
Provincia e Camera di Commercio – richiederebbe una valutazione pubblica sui risultati dell’attività di questi anni.
Soprattutto perché il Presidente, in carica da due mandati e 9 anni, si appresta a proseguire in quel ruolo per un secondo mandato che è in realtà il terzo effettivo, se si considera che, grazie all’art. 7 del Decreto legge n.
150 del 18.05.2004, il primo ha potuto non essere computato.
Nessuna verifica di merito, invece, nessuna discussione pubblica si annuncia nei Consigli comunali e nella città. E questo nonostante la grandissima rilevanza che la Fondazione riveste nello sviluppo del nostro territorio e il suo ruolo pubblico e nonostante i principi di partecipazione e trasparenza sempre predicati e mai praticati.
Nessuna informazione, inoltre, è stata data finora delle nomine, anche se la delibera del Consiglio comunale di Carpi n. 98 del 30 giugno 2009 stabilisce che “il Sindaco provvederà a informare la cittadinanza in merito
alle nomine in scadenza, attraverso la pubblicazione all'albo pretorio e i mezzi di comunicazione, ciò per consentire la raccolta di eventuali candidature e curricula di persone interessate a tali nomine”.
Proviamo noi a compiere questa verifica. Proviamo noi a condurre nell’alveo di una prassi di trasparenza e democrazia la gestione della Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi.
Lo fa Alleanza per Carpi, prendendo in esame:
1 – la gestione del patrimonio
2 – le misure di sostegno allo sviluppo del territorio
3 – le spese di funzionamento dell’Ente


1 – GESTIONE PATRIMONIALE
Il patrimonio della Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi ammonta a più di 300 milioni di euro. Secondo la legge istitutiva, primo compito dell’Ente è quello di amministrarlo, conservarlo e accrescerlo, sostenendo con i proventi iniziative che promuovano lo sviluppo sociale, culturale ed economico della comunità locale.
Negli anni presi qui a riferimento (2000 - 2009) esso è stato investito per la gran parte in strumenti finanziari (direttamente dal Presidente, con l’ausilio del Comitato finanza) ad alto tasso di rischio. Nella relazione del Collegio dei Revisori del 2005 si legge che, anche alla luce del rapporto dell’Advisor, “…il grado di rischio presente nel portafoglio è particolarmente elevato” e “bisogna sottolineare come tale posizione in un momento di correzione dei mercati potrebbe causare forti perdite al patrimonio”.
Le conseguenze di questo richiamo a una gestione più prudente sono state:
– il Collegio dei revisori costretto alle dimissioni e sostituito;
– l’Advisor liquidato e mai sostituito;
– la società di revisione, che era la Ernst &Young, di prestigio internazionale, sostituita dalla modenese Prm, fondata nel 2003 e del cui Consiglio d’Amministrazione ha fatto parte fino al febbraio 2005, prima di
esservi sostituito dalla fiduciaria Associazione Arm, un membro del Consiglio di Indirizzo della Fondazione.
Da quel rilievo, nessuna correzione è stata poi apportata alla composizione del portafoglio che ha visto anzi  accrescere la sua rischiosità, se è vero che ancora nel 2008 esso risultava costituito per 104 milioni da  obbligazioni non governative (32,4%), per 125,6 milioni da azioni (39,14%) e per 3,357 milioni di euro da hedge funds.
Fino al 2008 questa politica aggressiva ha dato buoni risultati (con rendimenti intorno al 7% netto: tra i più alti tra tutte le Fondazioni, che in generale hanno investito con maggiore prudenza). Una gestione assennata avrebbe tuttavia consigliato, già prima di quell’anno, una graduale riduzione dell’alto rischio del portafoglio. Non è stato fatto, la Fondazione si è trovata esposta anche più di molte consorelle – giustificate almeno dal
possedere ancora azioni della banca d’origine – alle conseguenze della crisi finanziaria e del crollo delle Borse di fine 2008. Registrando perdite consistenti. Quali? Certamente i 10 milioni di euro (il doppio della cifra sempre sostenuta dal Presidente nelle sue dichiarazioni) investiti in Lehman-Brothers, la banca d’affari americana fallita, e quindi irrecuperabili.
Nel 2009, al culmine della crisi borsistica, il valore corrente degli investimenti evidenziava una perdita teorica che si aggirava intorno ai 97 milioni di euro, un terzo dell’intero patrimonio. Il rischio è stato altissimo,
molto più di quello affrontabile da un’istituzione che non può essere guidata con criteri di trading speculativo.
Poi le borse hanno ripreso a salire e c’è stato un recupero parziale delle minusvalenze che a tutt’oggi ammonterebbero a circa 40 milioni di euro.
E’ difficile che le Borse continuino a crescere di molto. L’alta volatilità che perdura sui mercati rende assai improbabile qualsiasi ipotesi di recupero, almeno ai livelli antecedenti lo scoppio della“bolla” finanziaria.
E’ realistico piuttosto prevedere che una buona parte dei 40 milioni di minusvalenze si trasformino in perdite definitive.
In sintesi: la gestione del Presidente, abile e fruttuosa nei momenti buoni, condotta con azione da trader esperto e spregiudicato, allo stato attuale ha finito per produrre non la conservazione e la crescita del patrimonio, ma una perdita secca, calcolabile fra i 10 e i 40 milioni di euro. Alla luce di questa situazione l’utile del 2009 (e non solo) dovrebbe essere destinato in gran parte alla ricostituzione del patrimonio per compensare le perdite. La destinazione alle erogazioni configurerebbe un profilo di responsabilità ai danni della integrità patrimoniale, la cui tutela è il primario dovere dei suoi amministratori.

2 – SOSTEGNO ALLO SVILUPPO DEL TERRITORIO
Le erogazioni e gli interventi diretti sostenuti dalla Fondazione sono stati ispirati da finalità largamente condivisibili. Alcune operazioni risultano tuttavia incomprensibili, non motivate dagli obiettivi propri della
Fondazione e risolte in un autentico spreco.
1) L’acquisto dell’area di 260.000 mq, compresa tra via dei Mulini, Bersana e traversa S. Giorgio, per un costo complessivo di 5.380.800 euro. Motivata con il progetto di realizzare il Parco degli eventi, ma acquistata quando l’area era (come è tutt’ora) agricola, quindi inedificabile e quando non c’era alcun atto del Comune che manifestasse l’intento di trasformarla in area edificabile. Anzi. Dall’area, acquistata ad un valore superiore a quelli del mercato dei terreni agricoli, la Fondazione non ricava alcun reddito. Pura e ingiustificata perdita. Una trasformazione a posteriori della destinazione dell’area (già formalmente esclusa dal Comune e dal Sindaco), configurerebbe un reato di natura penale.
2) L’acquisto della palazzina ex Ifim in via Peruzzi, per un costo complessivo di 1.600.000 euro per farne la Casa del Volontariato. Non è compito della Fondazione garantire una sede alle associazioni del volontariato (perciò non si può considerare bene strumentale). La Fondazione eroga già ogni anno, come prevede la Legge, ingenti somme (alcune centinaia di migliaia di euro: 300.000 nel 2008) al Fondo per il volontariato, oltre alle erogazioni dirette alle numerose Associazioni ed Enti che operano nel settore. La Casa del Volontariato comporta costi di gestione e amministrazione (ne parleremo in seguito), sottratti agli interventi sociali diretti alle persone bisognose.
3) L’avvio del progetto denominato CampusdellaModa, costato il primo anno 1.800.000 euro e fortissimamente voluto dal presidente Ferrari. In attesa di verificare se i benefici siano tali da compensare i costi, non resta al momento che constatare come questi ultimi siano altissimi. E ancora più alti si profilano, stando almeno a una recente dichiarazione del direttore Philip Taylor al Sole 24 Ore del 3 marzo secondo il quale ai fondi già spesi “…si dovrebbero aggiungere 10 milioni per ultimare il progetto”. Ci sono
molti segnali che perfino il Presidente intenda progressivamente abbandonarlo.
4) Più in generale le politiche di erogazione e di impiego degli utili, sembrano prive di una chiara visione programmatica: la Fondazione ha finora agito più come una specie di bancomat che come operatore
privilegiato dello sviluppo che interviene intorno a poche e qualificate priorità, come hanno fatto molte altre Fondazioni. Non ha insomma “allungato lo sguardo”, per dirla con le parole di Carlo Trigilia al convegno Acri di Siena del giugno 2009, limitandosi a donare più che a investire. Per esempio sulle infrastrutture, fondamentali per l'economia, intervenendo sull’edilizia sociale, viste le carenze anche locali in fatto di politiche per la casa; o sulle innovazioni in certi ambiti produttivi; o al fianco di Enti locali e public utility. La sola eccezione è stata fatta per Aimag, con un acquisto del 7,5 per cento delle azioni, al prezzo di 10 milioni di euro che presupporrebbe un valore complessivo di 135 milioni per una Società che nel 2006 ne aveva fatturati 65.
In sintesi: la Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi ha effettuato i propri maggior sforzi di investimento in direzioni improprie, come la Casa del Volontariato; o in operazioni costosissime che hanno visto poca partecipazione dal territorio, come il CampusDellaModa; o in iniziative a sfondo speculativo, come il terreno di Traversa San Giorgio, per il quale non esistono prospettive edificatorie, se non in una funzione – quale sarebbe l’ospedale – di tale rilevanza pubblica da escludere fin d’ora giochi speculativi al rialzo, a spese degli enti pubblici (Regione, Asl, Provincia, Comune) e quindi della collettività.

3 – SPESE DI FUNZIONAMENTO
I costi di funzionamento complessivi nell’esercizio 2008 ammontavano a 2.274.852 euro. Nel 2005 ammontavano a 1.244.540 euro. In tre anni sono quasi raddoppiati. Vediamo come e perchè.
Per commissioni di negoziazione: 785.221 (nel 2005: 282.826).
Per compensi agli organi statutari: 403.037 ( nel 2005: 230.510).
Per compensi al personale: 377.687 (nel 2005: 202.765).
Poi ci sono, nel bilancio 2008, 413.605 euro sotto la voce “altri oneri” non meglio specificati.
Gli organi statutari (che sono due: Consiglio di Indirizzo con 19 membri; il CdA con 7 membri) sono stati scomposti, creando altri organismi “consultivi” (quattro commissioni del Consiglio d’Indirizzo, 3 commissioni del Cda, la commissione finanza) ufficialmente costituiti e remunerati, moltiplicando le occasioni per percepire compensi: 250 euro per ogni seduta delle commissioni; 500 euro per ogni seduta plenaria del CdI (in Comune i Consiglieri percepiscono 36 euro a seduta…).
A sua volta il Consiglio d’Amministrazione ha fissato indennità di 80.000 euro per il Presidente (che risulta avervi rinunciato per diversi anni), di 30.000 per il Vice e di 18.000 per ciascun Consigliere, da integrare, anche in questo caso, con i gettoni di presenza.
Il personale è passato da 6 unità del 2005 a 11 unità del 2008, due delle quali impegnate in attività relative alle società strumentali costituite.
3 a - Società strumentali.
Sono state costituite tre società strumentali: San Rocco Arte e Cultura srl; la Fondazione Casa del Volontariato; la Società Campus della Moda.
La San Rocco Arte e Cultura srl, di cui la Fondazione Cassa di Risparmio è socio unico, ha per scopo sociale la gestione dell’Auditorium S. Rocco recentemente ristrutturato, anche se in origine era previsto che S. Rocco fosse concesso in gestione al Comune di Carpi, anche al fine di ottimizzare la gestione degli spazi e delle attività culturali cittadine.
La Srl ha invece una Presidente, un Vice presidente e cinque Consiglieri componenti del Cda. La Presidente percepisce un compenso di 12.000 euro l’anno, il Vice di 8.000, i Consiglieri di 6.000 euro l’anno, più 150
euro di gettone a seduta. Sommano 50 mila euro annui, al netto dei gettoni.
Per fare che cosa? Per eseguire una piccola attività culturale autonoma, non coordinata con quelle del Comune, soprattutto quella teatrale, gratuita, che per lo più esclude le realtà impegnate nella produzione e
organizzazione culturale cittadina. E’ una gestione molto indipendente che spende 200.000 euro l’anno – indennità incluse – per le sue attività, decise spesso al di fuori di raffronti fra le diverse offerte. Nel Cda della società sono presenti consiglieri che siedono anche nel CdA della Fondazione Cassa di Risparmio e nel Consiglio di Indirizzo, creando un obiettivo conflitto tra controllori (membri degli organi statutari) e controllati
(amministratori della società strumentale).
Scopo della Fondazione Casa del Volontariato è quello di “promuovere e valorizzare le attività dell’associazionismo locale, assicurando alle organizzazioni del terzo settore una sede idonea per l’organizzazione delle proprie attività”. A prescindere dalla valutazione di fondo – se, cioè, era davvero prioritario l’investimento per fornire un ufficio alle associazioni cittadine, che più o meno erano tutte sistemate –, la gestione poteva essere affidata, con convenzione, alle Associazioni stesse, tanto più che alcune di esse vivono delle quote associative e di sovvenzioni delle centrali nazionali. Il volontariato non gestisce attività e strutture ben più complesse?
E’ stata invece costituita una Fondazione con relativo Cda di 7 membri, inclusi Presidente e Vice presidente. Come per la società San Rocco Arte e Cultura, il Presidente percepisce 12.000 euro l’anno (per fare che cosa?), il Vice presidente 8.000, gli altri cinque membri 6.000; più ovviamente 150 euro di gettone per ogni seduta. Anche qui siedono componenti degli organi statutari della Fondazione Cassa di Risparmio che possono così cumulare le relative indennità e i gettoni di presenza.
Campus della Moda. Il costo complessivo per l’anno 2009 è stato di 1.800.000 euro, incluse le opere di adattamento della sede. A basarsi sul numero attuale degli iscritti ai master annuali post laurea si può calcolare il costo a studente in 37 mila 500 euro: una cifra da Harvard. Il Direttore percepisce 11.000 euro al mese ed è circondato da uno staff di una dozzina di persone. Anche qui ci sono un CdA, un Presidente e un Vice presidente.
Non si vuole, con questo, demolire il progetto nelle sue finalità, anche se a questo sta lavorando alacremente proprio colui che lo aveva voluto e che si è incaricato di effettuare assunzioni, affidare incarichi e sottoscrivere
contratti. Intendiamo piuttosto prospettare la necessità di un riposizionamento strategico del Campus, anche in vista dell’auspicabile fusione – data ormai per certa – con l’altro polo formativo legato al tessile che è Carpiformazione. E rinvigorendo anche il versante della promozione commerciale (il Promotion point), messo assai in ombra dalla formazione.
Il progetto andrebbe poi scollegato una volta per tutte dal suo utilizzo come strumenti di pressione per ottenere la variante sul terreno di Santa Croce: un obiettivo che è tutto del Presidente e sul quale si misurano di volta in volta i suoi entusiasmi o il suo disincanto verso il CampusDellaModa.
In sintesi: i costi di funzionamento della Fondazione si sono notevolmente appesantiti, soprattutto con la creazione di società controllate delle quali una sola, il Campus, appare quanto meno ispirata a un progetto, anche se ha comportato uno sforzo economico pesantissimo. Le altre si sono invece risolte nell’impiego di risorse in direzioni di nessun tornaconto sociale e di nessun particolare beneficio per il territorio.

4 – CONCLUSIONI
A Carpi non è stato raggiunto l’obiettivo della legge Amato-Ciampi di fare delle Fondazioni (enti di diritto privato che perseguono finalità di interesse pubblico, amministrate dalle rappresentanze delle realtà locali, e quindi radicate nel territorio e da esso controllate) istituzioni trasparenti e aperte allo sviluppo del territorio.
Intorno alla Fondazione si è formato un sistema di potere, una vera e propria casta, al cui vertice c’è l’attuale Presidente che, attraverso un uso scaltro delle ingenti risorse amministrate e la distribuzione di incarichi e
prebende, si è garantito un solido consenso. Non una voce critica si alza da palazzo Brusati, non un cenno di dissenso, non una discussione sui risultati raggiunti e sulle scelte compiute. Lo stesso accade all’esterno, fra Enti, Istituzioni, organi della società civile.
Alleanza per Carpi ritiene invece che, alzato lo sguardo oltre i vantaggi immediati delle erogazioni, alla luce del bilancio dell’attività di questi anni (danni prodotti, scelte sbagliate, visione strategica assente o confusa), ci si
debba porre seriamente il problema di un cambiamento radicale della direzione e gestione della Fondazione e che sia inopportuna la conferma della Presidenza attuale.

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