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Nessun passo avanti nella vertenza tra Italcarni e i sindacati che si oppongono ai licenziamenti e alla cessione di rami d'azienda. Per la Cgil: "l'atteggiamento di questa cooperativa non ha nulla a che fare con la storia che il movimento cooperativo modenese può vantare".
Italcarni e l'effetto domino
"Verrebbe da dire che è nei momenti più critici che la cooperazione dà il meglio di sè". In tempi insospettabili (era il 2004), il presidente Gianni Mozzoni insieme al Consiglio di Amministrazione si espresse con queste parole presentando il bilancio della storica cooperativa di macellazione, l'Italcarni di Carpi.
Non è stato così: è il 2010 e Italcarni, la più grande cooperativa di macellazione d'Italia per capi macellati, costituita nel 1987, socia della cooperativa Unibon (che a sua volta detiene il 50% delle azioni della Grandi Salumifici Italiani), quella cooperativa che sembrava aver attraversato indenne la crisi economica degli ultimi anni, ha ceduto.
Non si può far pagare il prezzo del risanamento sempre ai lavoratoriA farlo sapere sono i sindacati che denunciano come Italcarni abbia aperto una procedura di mobilità che interessa 43 lavoratori. "Una storica cooperativa, da sempre legata al movimento cooperativo modenese - commentano amareggiati i sindacati - che con metodi e strumenti, simili a tutte le altre imprese private, ha comunicato le sue intenzioni per sanare il disavanzo dell'impresa: esubero di personale. Ancora una volta si cerca di far pagare ai soliti le colpe di altri".
Italcarni distribuisce i propri prodotti sull'intero territorio nazionale e all'estero: i principali canali di vendita sono l'industria e la grande distribuzione.
"L'Italcarni - sostengono i sindacati - è un'impresa, che da anni macella rimettendo denaro, ma che è saldamente legata da rapporti azionari e commerciali con colossi dell'industria salumiera, come nel caso della Grandi Salumifici Italiani che produce utili e si sta apprestando ad entrare in Piazza Affari, o con la Grande Distribuzione Organizzata, attraverso la fornitura di carne fresca, la quale continua ad abbassare i prezzi scaricando sui fornitori le conseguenze".
La filiera delle responsabilità
L'ennesimo caso degli effetti legati alla mancanza di politiche di filiera che sta portando ad un 'cannibalismo' tra le imprese e a pagare sono i lavoratori. E' così anche per il latte o il formaggio.
I lavoratori Italcarni, che da settimane protestano, chiamano in causa anche altri soggetti nella 'filiera delle responsabilità': le cooperative e le imprese, di cui Italcarni è socia, e che comprano la carne a prezzi 'molto competitivi'.
La grande distribuzione è in grado di proporre al consumatore prodotti a basso costo e offerte sempre più vantaggiose: chi ci rimette? "E' necessario che quelle prestigiose aziende incomincino ad interrogarsi seriamente su come e in quali condizioni vengono lavorate le carni. Dovrebbero seriamente verificare se quella materia prima viene lavorata così come prevedono i loro codici etici. Se questo accadesse, oltre ad esserci più legalità nel nostro territorio, non avrebbero alibi coloro che appaltano interi rami d'azienda per competere con le tante Suincom (ndr. le numerose segnalazioni di questi anni relative all'azienda riguardano: somministrazione illegale di manodopera, evasioni fiscali e contributive, lavoro irregolare, non rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro) presenti nel nostro territorio".
Rami d'azienda in affitto
Oltre ai 43 esuberi, dichiarati nell'apertura della procedura di mobilità, si aggiungono infatti altri 34 lavoratori di settori strategici e importanti, quali il "macello sporco" e la "rifilatura prosciutti", per i quali Italcarni intende attivare una procedura di affitto di ramo d'azienda.
"L'Italcarni di Carpi - sostengono i sindacati - è una di quelle aziende che per anni ha cercato di resistere, rifiutando di applicare sistemi analoghi a quelli presenti in imprese simili alla Suincom, ma che ora vorrebbe adottarle per reggere una competizione che è anche fatta di queste pesanti e pericolose illegalità".
L'unico obiettivo? Quello di far pagare il risanamento economico solo ai lavoratori.
"Un risanamento economico necessario, visto l'alto disavanzo, creato non certamente dai lavoratori, ma dalle scelte compiute da una cooperativa che ha un numero di dirigenti che è quattro volte superiore a quello di altre imprese analoghe e che ha fatto discutibili investimenti immobiliari che hanno pesantemente indebitato l'impresa".
E Legacoop dov'è?
In attesa di una chiara presa di posizione, anche da Legacoop di Modena, di cui le coop, fra cui anche Italcarni, fanno parte, i lavoratori continueranno nella loro lotta.
In relazione alla cessione di rami d'azienda, la Flai Cgil precisa che "quando si appalta o si affitta per creare risparmi sul costo della manodopera, non si mettono in preventivo solo più 'leggeri minimi contrattuali', ma una chiara volontà di introdurre strumenti che, purtroppo, sono presenti in altri macelli italiani, ma anche modenesi. Questi strumenti sono: somministrazione illegale di manodopera effettuata da false cooperative, tramite discutibili appalti, evasioni ed elusioni fiscali e contributive, sfruttamento del lavoro fino al limite di casi di vero e proprio caporalato".
"E' necessario - sostiene la Flai Cigl - pretendere ed esigere coerenza da tutti coloro, clienti o trasformatori delle materie prime, salumifici o grande distribuzione organizzata, che fanno dell'Etica o della Responsabilità Sociale d'Impresa il valore aggiunto dei loro prodotti. Gli slogan
Continuiamo ad abbassare i prezzi! e la continua ricerca di materie prime al minor costo possibile, possono contribuire ad incentivare la degenerazione del comparto.
L'esempio della Centauro
Nei giorni in cui la vertenza Italcarni accende gli animi, alla Centauro di Limidi si arriva all'accordo.
Il settore delle macchine per legno è in difficoltà tanto quanto quello della macellazione, ma le rappresentanze sindacali e la direzione aziendale hanno affrontato questi mesi garantendo ai lavoratori tutti gli ammortizzatori che la legge mette a disposizione.
La Centauro è una delle storiche e prestigiose aziende metalmeccaniche del distretto e occupa attualmente 97 dipendenti. E' l'esempio di un'impresa privata che si è mostrata sempre attenta ai propri dipendenti tanto che le rappresentanze sindacali unitarie di Cigl Cisl e Uil non hanno dovuto faticare per convincere l'azienda al passaggio dalla cassa integrazione al contratto di solidarietà. "L'atteggiamento non ostile dell'azienda - riconoscono i sindacati - ha facilitato la trattativa".
Sara Gelli
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