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venerdì 9 luglio 2010
09:16 |
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Raduno di parenti sotto il Comune: striscioni e forte tensione
A Palazzo Scacchetti ieri sono arrivati i rinforzi per Nunzia Diana e i suoi due figli, la famiglia di origine campana sgomberata pochi giorni fa dalla palazzina di via Ginzburg occupata abusivamente.
LA PROTESTA
E, sotto il porticato del Comune, erano in 30, tra famigliari con bambini al seguito e amici, decisi a rivendicare il diritto alla casa per i propri parenti.
Nel pomeriggio di ieri, intorno alle ore 16.30, si sono dati appuntamento davanti al palazzo dell’amministrazione, e, con striscioni e parole, hanno fatto sentire le proprie ragioni ai rappresentanti del governo della città.
FORZE DELL’ORDINE
Sul posto sono intervenuti subito gli agenti della Polizia municipale, che hanno tentato a fatica di calmare gli animi.
Tant’è che, dopo alcune parole di troppo da parte dei sostenitori della famiglia Ricciardi nei confronti di alcune vigilesse, è stato necessario richiedere l’intervento di Polizia e Carabinieri, che hanno provveduto a rimuovere gli striscioni e ad identificare i più agitati.
Alcuni testimoni riferiscono di attimi di tensione, ma l’allarme è rientrato dopo poco.
La signora Diana, insieme ai due figli, subito dopo lo sgombero ha organizzato il sit-in di protesta all’ombra del Comune, nel finora vano tentativo di parlare con le istituzioni e cercare di ottenere un’abitazione.
LINEA DURA
In questi giorni la famiglia ha dormito in auto, ma sindaco Campedelli e assessore al sociale Bellelli non si sono affatto impietositi, continuando con fermezza la politica del rigore.
«Alla famiglia che un mese fa illegalmente ha occupato - aveva dichiarato Campedelli subito dopo lo sgombero -, il Comune dal 2009 ad oggi non aveva fatto mancare il suo supporto, al fine di alleviare la situazione di disagio economico-abitativo in cui versa.
A fronte di questo impegno però non vi è stato un conseguente atteggiamento collaborativo, che è culminato con l’azione illegale di occupazione di un alloggio pubblico assegnato ad un altro nucleo familiare, la prima che si registra nella nostra città».
Gli aveva fatto seguito Alberto Bellelli: «Con questa occupazione si sono preclusi ogni possibilità di aiuto da parte dei servizi sociali, verranno cancellati da ogni lista e graduatoria» aveva dichiarato perentorio l’assessore.
L’OCCUPAZIONE
La vicenda drammatica di questa famiglia era iniziata ai primi di giugno, quando, qualche giorno prima dell’ingresso degli aventi diritto negli appartamenti appena assegnati, i tre si erano introdotti illegalmente nell’immobile Acer, forzando la porta con una semplice scheda telefonica.
Il marito, Teodoro Ricciardi, era però rimasto fuori, e sembra dormisse in macchina di fronte all’appartamento, anche se i vigilantes che controllavano giorno e notte la zona per conto di Acer, riferiscono come alcune sere dimorasse anche nel cantiere di una casa in costruzione non lontana.
Poi lo sgombero e la protesta davanti al Comune: l’episodio di ieri, magari banale, lascia però intendere che la questione è tutt’altro che risolta.
Daniele Franda
(fonte: ModenaQui)
A Palazzo Scacchetti ieri sono arrivati i rinforzi per Nunzia Diana e i suoi due figli, la famiglia di origine campana sgomberata pochi giorni fa dalla palazzina di via Ginzburg occupata abusivamente.
LA PROTESTA
E, sotto il porticato del Comune, erano in 30, tra famigliari con bambini al seguito e amici, decisi a rivendicare il diritto alla casa per i propri parenti.
Nel pomeriggio di ieri, intorno alle ore 16.30, si sono dati appuntamento davanti al palazzo dell’amministrazione, e, con striscioni e parole, hanno fatto sentire le proprie ragioni ai rappresentanti del governo della città.
FORZE DELL’ORDINE
Sul posto sono intervenuti subito gli agenti della Polizia municipale, che hanno tentato a fatica di calmare gli animi.
Tant’è che, dopo alcune parole di troppo da parte dei sostenitori della famiglia Ricciardi nei confronti di alcune vigilesse, è stato necessario richiedere l’intervento di Polizia e Carabinieri, che hanno provveduto a rimuovere gli striscioni e ad identificare i più agitati.
Alcuni testimoni riferiscono di attimi di tensione, ma l’allarme è rientrato dopo poco.
La signora Diana, insieme ai due figli, subito dopo lo sgombero ha organizzato il sit-in di protesta all’ombra del Comune, nel finora vano tentativo di parlare con le istituzioni e cercare di ottenere un’abitazione.
LINEA DURA
In questi giorni la famiglia ha dormito in auto, ma sindaco Campedelli e assessore al sociale Bellelli non si sono affatto impietositi, continuando con fermezza la politica del rigore.
«Alla famiglia che un mese fa illegalmente ha occupato - aveva dichiarato Campedelli subito dopo lo sgombero -, il Comune dal 2009 ad oggi non aveva fatto mancare il suo supporto, al fine di alleviare la situazione di disagio economico-abitativo in cui versa.
A fronte di questo impegno però non vi è stato un conseguente atteggiamento collaborativo, che è culminato con l’azione illegale di occupazione di un alloggio pubblico assegnato ad un altro nucleo familiare, la prima che si registra nella nostra città».
Gli aveva fatto seguito Alberto Bellelli: «Con questa occupazione si sono preclusi ogni possibilità di aiuto da parte dei servizi sociali, verranno cancellati da ogni lista e graduatoria» aveva dichiarato perentorio l’assessore.
L’OCCUPAZIONE
La vicenda drammatica di questa famiglia era iniziata ai primi di giugno, quando, qualche giorno prima dell’ingresso degli aventi diritto negli appartamenti appena assegnati, i tre si erano introdotti illegalmente nell’immobile Acer, forzando la porta con una semplice scheda telefonica.
Il marito, Teodoro Ricciardi, era però rimasto fuori, e sembra dormisse in macchina di fronte all’appartamento, anche se i vigilantes che controllavano giorno e notte la zona per conto di Acer, riferiscono come alcune sere dimorasse anche nel cantiere di una casa in costruzione non lontana.
Poi lo sgombero e la protesta davanti al Comune: l’episodio di ieri, magari banale, lascia però intendere che la questione è tutt’altro che risolta.
Daniele Franda
(fonte: ModenaQui)
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