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venerdì 7 gennaio 2011
PIU' VOTI CHE VOTANTI. Fino a ieri, chi aveva l’avvocato più bravo, evitava la forca, o accumulava miliardi violando l’antitrust. Oggi – mi si passi la boutade – diventa Presidente degli Stati Uniti. Questo, in buona sostanza, insegnano le recenti elezioni americane. Ridotte a caso giudiziario, i mezzi di comunicazione hanno presto accantonato gli esperti politici e rispolverato quelli legali; i giudici sono stati chiamati – molto controvoglia – a scrivere la storia del Paese; i tribunali sono stati ingolfati di ricorsi…
   Colto in contropiede, sull’orlo di una crisi di nervi, il più collaudato sistema democratico del mondo ha così rasentato l’implosione.
   Per quale motivo mai? Il più banale, diremmo noi. In breve: la miscela maggioritario-federalismo ha reso decisivi i voti della Florida. In ragione di un esito incerto, di uno scarto minimo, il presunto sconfitto ne ha richiesto la “verifica”, rompendo in tal modo quel “patto di fiducia tra le parti” che sta alla base di ogni ordinamento anglosassone.
   Apriti cielo! Cade un “tacito principio”, inizia la battaglia di cui sopra. E dunque: ai nostri amici d’Oltreoceano non interessa tanto sapere chi ha effettivamente ottenuto i maggiori consensi, quanto piuttosto chi viene dichiarato vincitore. Ovverosia: è risaputo che tutte le consultazioni recano in sé irregolarità e furbizie, ma esse fanno parte del gioco, non inficiano il risultato finale. I vermi ci sono, ma, se la pietra che li cela non viene rimossa, non esistono!
   Naturalmente, una siffatta morale – elastica, per vero dire – ha limiti invalicabili. Guai, ad esempio, se si accertassero voti fantasma: il seggio verrebbe cassato d’ufficio, senza possibilità d’appello.
   Veniamo ora ai fatti di casa nostra.
   Interrogata in merito ad una ventina di “incongruenze” verificatesi nel corso delle amministrative del 1999, l’assessore Monica Borsari dichiarava ufficialmente: “… nelle consultazioni del 13 giugno, nonostante il consueto impegno dell’Ufficio elettorale nell’organizzare una giornata di formazione per i componenti dei seggi e nonostante si fosse proceduto alla distribuzione di materiale informativo contenente le istruzioni ministeriali, si sono verificati disguidi e difficoltà di carattere meramente organizzativo dovuti a ritardi da parte dell’apparato centrale. (…) Nei fatti, le istruzioni ministeriali aggiornate sono giunte dalla Prefettura soltanto poche ore prima dell’insediamento dei seggi. Le buste sigillate contenenti il materiale da inoltrare ai seggi sono giunte in ritardo, quando i seggi erano già insediati. Inoltre, le medesime istruzioni ministeriali si sono verificate in alcuni casi inesatte, in particolare per quanto concerne le tabelle relative all’assegnazione dei voti di preferenza. Alla richiesta di delucidazioni, la stessa Prefettura si è trovata in difficoltà a trasmettere disposizioni che chiarissero quanto indicato nei verbali…”
   Insomma, la solita babele, con qualche superficialità in più…
   Nessun accenno alle sezioni 44 e 51, che pure lo meritavano. Si verifica qui, infatti, uno dei rari casi che gli Stati Uniti – come si diceva – non perdonano: la somma delle schede votate supera il numero dei votanti!
   I due episodi sono attestati dall’Ufficio Centrale. Mi limito a segnalarli, come doveroso. Dopodiché, mi chiedo: congelando, eliminando i seggi “incriminati”, vi sarebbero state ricadute sulla composizione del Consiglio comunale? In termini numerici complessivi, no. In quanto alle singole preferenze, sì: con alcune varianti significative.
   Giampiero De Giacomi, ad esempio, non sarebbe entrato a Palazzo Scacchetti. A tutto beneficio di Attilio Po, il quale, con un doppio balzo in avanti, avrebbe relegato Giuliana Gualdi in coda al drappello di Forza Italia.
   Analogamente, Mirella Calzolari (Ds) avrebbe preso il posto di Simone Tosi; mentre Aldo Arbore, terzo dei non eletti (e preceduto anche da Eola Palazzoni), sarebbe tuttora in lista d’attesa.
   Come si vede, minuscole tessere compongono il mosaico di una democrazia compiuta; ciascuna di esse è unica, preziosa, insostituibile.
   Tra poco, si vota di nuovo. Al di là della retorica di circostanza, possiamo sperare che le istituzioni aumentino il loro tasso di efficienza? Possiamo pretendere di essere tutelati da grossolani errori, da manifeste incapacità?
    I mezzi non mancano. A cominciare dal seguente dispositivo: “Presso la cancelleria di ciascuna Corte d’Appello è stato istituito, a seguito dell’entrata in vigore della legge 21 marzo 1990 n. 53, l’albo delle persone idonee all’ufficio di presidente del seggio elettorale. (…) Il Presidente della Corte d’Appello, nel mese di gennaio di ogni anno, dispone la cancellazione dall’albo (…) di coloro che, sulla base di segnalazione dei presidenti degli uffici immediatamente sovrastanti agli uffici elettorali di sezione e comunque denominati (cfr. si tratta del seggio centrale), si sono resi responsabili di gravi inadempienze.”

(Fonte: CarpiPer.it)

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